Refrigerator Off-Width, la nuova via di Baù, Gheza e Ratti sull'Uli Biaho Spire in Pakistan.
Il Pakistan è solitamente conosciuto in ambito alpinistico per i giganti himalayani che svettano sopra il ghiacciaio del Baltoro: K2, Broad Peak e Gasherbrum, le uniche cime di 8000 metri fuori dal Nepal, oltre al Nanga Parbat. Solo l'occhio attento dello scalatore incallito e dell'alpinista più preparato in storia dell'alpinismo si interessano alle Torri di Trango: enormi monoliti di granito, che raggiungono la "modesta quota" di 6000 metri abbondanti. Su queste pareti sono state scritte pagine di storia dell'arrampicata libera in alta quota. Negli ultimi decenni del Novecento sono state tracciate alcune linee di salita spettacolari, fessure difficili da percorrere in arrampicata libera, e soprattutto complesse per la logistica e le condizioni meteorologiche. Delle sfide concepite inizialmente da nomi mito dell'arrampicata quali Kurt Albert e Wolfgang Güllich che hanno saputo far sognare generazioni di alpinisti dopo di loro. Il nostro Alessandro Baù è andato questa estate in pellegrinaggio in Karakorum assieme agli amici Francesco Ratti e Leo Gheza. Gli abbiamo chiesto cosa è riuscito ad arrampicare, ma soprattutto cosa significa viaggiare in quei posti remoti e fuori dalle rotte turistiche abituali.
Allora Ale, intanto raccontaci come si arriva in Karakorum
"Il volo internazionale ti deposita a Islamabad, e da lì bisogna prendere un volo locale per Skardu. Già qua c'è bisogno di una buona dose di fortuna, perché l'aeroporto di Skardu è incassato in fondo ad una valle. Se il cielo è tappato di nuvole o è brutto tempo, è impossibile per i piloti compiere la virata stretta che permette l'atterraggio. A noi è andato tutto bene, ma l'alternativa poco allettante, e che non capita così di rado, è quella di farsi al posto del volo 18 ore seduti in una macchina...
A Skardu abbiamo caricato tutti i bagagli sulle jeep e percorso i 135 chilometri che ci hanno portato prima a Askole, ultimo centro abitato, e poi alla fine della strada. Da lì abbiamo percorso a piedi i 40 chilometri che ci separavano dal campo base, posto a 4000mt di quota. Abbiamo camminato due giorni, con 12 asini al seguito che hanno portato sulla schiena tutto il nostro materiale."
Per darci un'idea, quanto materiale avevate?
"Siamo partiti con 400kg di materiale, al quale va aggiunta la cambusa e tutto il cibo per i 28 giorni di permanenza al campo base, compresa una capra e 280 uova! Sembra di essere in un vecchio racconto di alpinismo del secolo scorso, invece, nonostante i sistemi satellitari e le molte innovazioni tecnologiche, gran parte della logistica delle spedizioni non è cambiata nel tempo. Quando abbiamo visto le nostre 280 uova ben ordinate e magicamente intatte, ci è venuta un'illuminazione: ecco perché Silvo Karo e Andrej Grmovsek hanno chiamato la loro via nuova del 2006 "Three hundred eggs"!
Silvo e Andrej sono stati per noi una grande fonte di ispirazione in questo viaggio, avendo salito loro la prima via sulla parete dell'Uli Biaho Spire."
Aspetta, spiegaci meglio perché apparte la storia delle uova non abbiamo capito granché.
"Andrej Grmovsek è stato uno dei primi alpinisti a ripetere "Colonne d'Ercole" la via che ho aperto con Beber e Tondini in Civetta. Ci siamo trovati più volte in Dolomiti, e quando con Leo e Francesco abbiamo iniziato a pensare a questa spedizione in Pakistan, l'ho chiamato. Nel 2006 Andrej, assieme a Silvo Karo, il recente vincitore del Piolet d'Or alla carriera, avevano fatto una serie di salite impressionanti in Pakistan. Nonostante il meteo fosse tutt'altro che favorevole, la cordata slovena è riuscita a salire la via Eternal Flame in giornata, e ad aprire una via nuova sull'Ubi Biaho Spire, chiamata appunto "le 300 uova". Guardando le foto di Andrej e soprattutto parlandoci insieme, ho visto la possibilità di aprire anche io, assieme ai miei compagni, una via nuova sulla stessa parete. Era logica ed evidente, l'unico dubbio: quanto difficile sarebbe stata?"

Quindi avete piantato il campo base e finalmente avete visto con i vostri occhi la parete.
"Si, anche se non avevamo ancora toccato la roccia, ci bastava aver raggiunto quel posto mitico per sentirci euforici. Il campo base si trova in uno dei posti più belli nei quali sono mai stato! Abbiamo da subito cominciato l'acclimatamento, salendo la via normale alla Great Trango Tower e bivaccando in quota. Siamo arrivati a 6000mt, su quella che è la cima nord est. Da lì una lunga cresta ci separava dalla cima principale, che abbiamo deciso di non provare a raggiungere. Era veramente caldo e pericoloso, eravamo molto soddisfatti per essere riusciti ad acclimatarci subito, e scendere da lì ci è sembrata la scelta più sensata. Per ultimare l'acclimatamento siamo andati sulla Nameless Tower, chiamata anche semplicemente Trango Tower, a toccare con mano le fessure di Eternal Flame, la famosissima via di Albert e Güllich, considerata una delle vie più belle del mondo. Devo dire però che le condizioni per scalare su roccia in Pakistan sono davvero complicate. Per salire in libera e per il piacere dell'arrampicata, bisogna accontentarsi di arrampicare per poche ore al giorno, prima che il sole sciolga la neve dalle cenge e bagni la parete. Una salita in stile alpino, come quella che volevamo fare su Eternal Flame, doveva quindi prevedere una certa dose di "ragliata". Per chi non è familiare con il lessico arrampicatorio, con gli amici usiamo il verbo "ragliare" quando l'arrampicata diventa un "riuscire in qualche modo a salire verso l'alto", spesso dovuto a condizioni meteo o ambientali sfavorevoli. Ragliare significa scalare con molta fatica e con poco divertentimento dal punto di vista del gesto atletico. Il gioco si fa però interessante dal punto di vista della sfida alpinistica e dell'impegno richiesto. Ecco, diciamo che in Pakistan abbiamo ragliato parecchio.
Superati quindi i tiri più impegnativi della via, a sole cinque lunghezze di corda dalla cima, ci siamo calati sotto una fitta nevicata. Sapevamo che più di così non potevamo fare."
Quindi, tornati al campo base, avete finalmente rivolto la vostra attenzione alla parete dell'Uli Biaho Spire.
"Si, ci siamo riposati e siamo partiti in esplorazione. Ci sono volute 5 ore per raggiungere il campo base avanzato, e da lì altre due ore per raggiungere la parete vera e propria. Questi i tempi conoscendo dove passare tra ghiacciai canali e morene! Il primo giorno infatti, nonostante fossimo motivatissimi e non vedessimo l'ora di iniziare a scalare, non siamo arrivati neanche alla base della parete. Il giorno seguente abbiamo aperto i primi due tiri, che si sono rivelati più impegnativi del previsto: una placca compatta doveva in qualche modo portarci alla base dell'evidente diedro che solcava gran parte della parete. Non avevamo abbastanza materiale con noi, e nonostante avessimo ancora cibo per un giorno in più, abbiamo preferito scendere a riposare e tornare più attrezzati. In altri due giorni siamo riusciti quindi a salire fino in cima all'Uli Biaho Spire per una via nuova: il primo giorno abbiamo risalito i due tiri già aperti al primo tentativo e con altri due tiri abbiamo raggiunto la base del diedro, che abbiamo percorso con 4 tiri di fessura off-width. Dopo aver bivaccato in parete, abbiamo seguito un sistema logico di fessure sulla sinistra del diedro principale, ed alle due del pomeriggio eravamo in vetta."
Aspetta, aspetta un attimo, non puoi semplificare così una salita del genere! Per chi non lo sapesse devi spiegarci cosa significa offwith, come avete chiamato la via, come è andata veramente l'avventura!
"Per chi non è abituato alla scalata in fessura, "off-width" è un termine che definisce le fessure troppo grandi per poterci incastrare le mani o i pugni. Sono quindi fessure larghe, che vanno scalate con una certa dose di fantasia e decisione, spesso "ragliando". Vista la larghezza non sono facili da proteggere e spesso ci si ritrova incastrati con tutto il corpo dentro la roccia senza tante idee su come proseguire. Avere dita d'acciaio e braccia forti spesso non serve a nulla per questo tipo di scalata, dove conta di più l'esperienza e la tecnica.
Abbiamo chiamato la via "Refrigerator Off-Width", per sottolineare il carattere della salita ed il freddo che abbiamo patito in parete."
Andavi in Pakistan a scalare tra i 5000 ed i 6000 metri. Non pensavi che avresti avuto freddo?
"I miei compagni di cordata mi conoscono, non sono una persona freddolosa. Vi giuro, in tanti anni di spedizioni ed avventure in montagna non ho mai avuto così tanto freddo. La parete è rivolta ad est, e prendeva sole dalle 7 alle 10 del mattino, ma da quella maledetta fessura sulla quale salivamo usciva un freddo bestiale: un'aria gelida, era come stare in un freezer. In alcuni tratti la roccia era coperta di ghiaccio, l'attrito quindi era praticamente inesistente. Sull'ultimo tiro prima del bivacco, il mio corpo stava a malapena incastrato dentro la fessura, troppo piccola per poter muovere qualsiasi arto e fare pressione sulla roccia, comunque ricoperta di ghiaccio, e troppo grande per poter incastrare una parte del corpo o un friend e tirarmi fuori. Ero semplicemente bloccato. Non riuscivo né a scendere né a salire. Nonostante la fatica e nonostante avessi addosso gli scarponi e tutti i vestiti che avevo, tremavo dal freddo e urlavo: Qualcuno venga a prendermi e mi tiri fuori da qui! Mi sentivo in trappola, i compagni un po' preoccupati mi incitavano e mi davano fiducia, ma sapevo benissimo che non potevo contare che sulle mie forze, anzi su me stesso, perché la forza non serviva a granché.
Poi, con pazienza e un po' di inventiva, ragliando come si deve, sono riuscito a strisciare verso l'alto e uscire da quell'inferno ghiacciato. Che avventura!"
Dopo essere scesi al campo base e dopo i meritati festeggiamenti, avete avuto tempo per scalare ancora?
"Al campo base abbiamo mangiato davvero benissimo. I cuochi pakistani sono stati superlativi! Il tempo a nostra disposizione volgeva al termine, ma con Francesco ci siamo motivati per un'ultima ragliata: eravamo troppo curiosi di vedere anche gli ultimi tiri di Eternal Flame ed arrivare in cima alla Trango Tower! Avevamo poco tempo a disposizione, ed abbiamo quindi salito la via Slovena per vedere un'altra linea. Ci siamo quindi ricongiunti ai tiri alti che ci mancavano di Eternal Flame. Alle 6:30 di sera eravamo in cima e siamo rientrati al campo base alle 2:30 di notte. Giusto in tempo per fare i bagagli e, alle 4, partire per il trekking di ritorno verso casa."
Che ragliata!
"Lo avete capito! :) Anche il viaggio di rientro è stata un'avventura: il sentiero e la strada che scendono dal campo base costeggiano il fiume che scende direttamente dal ghiacciaio del Baltoro, uno dei più grandi del mondo. Quel fiume è una incredibile dimostrazione di potenza della natura, e quest'anno era davvero gigantesco, visto il caldo anomalo e lo scioglimento estivo del ghiaccio in quota. La forza del flusso d'acqua ha portato via tre ponti di ferro, lasciando dei tratti della valle isolati. Abbiamo dovuto attraversare il fiume e trasportare i bagagli su delle funi con carrucole di emergenza, mentre per fortuna alcune jeep rimaste nelle zone isolate ci hanno permesso di scendere a valle."
Un'ultima cosa prima di salutarci. Pensi che tornerai a ragli..ehm scalare in Pakistan?
"Tornare alle Torri di Trango non è tra i miei pensieri per il futuro, almeno al momento. Però, se proprio devo dirvi un segreto, un po' più in dentro nella valle, a due ore di cammino dal nostro campo base, c'è una parete stupenda chiamata Shipton Spire, sulla quale Bubu Bole ha aperto nel 2001 "Women and chalk". È una parete molto verticale, senza cenge sulle quali si ferma la neve. La logistica è più complessa perché diventa fondamentale portare in parete il portaledge per dormire e l'acqua da bere per i giorni di scalata, dato che non si trova neve da sciogliere. Però, se è bel tempo, la roccia è sicuramente più asciutta, probabilmente non troverei fessure off-with dentro le quali battere i denti, e l'arrampicata non deve essere niente male...chissà!"