Il campo base profuma già di Nepal, quando il 5 gennaio si svolge la cerimonia religiosa della Puja. Fortuna e gratitudine si mescolano come la preghiera ed il ringraziamento. È un bel momento, forse piace anche al K2, che osserva dall'alto protetto dalle nubi. Tante squadre, nazionalità e visioni differenti dell'alpinismo: tutti insieme, emozionati e partecipi di qualcosa di grande, comunque vada a finire l'inverno.
Nims è un leader, ma sulla montagna si muove un team affiatato, un meccanismo perfettamente oliato, una grande cordata in apparenza inarrestabile. Dopo i primi giorni di bel tempo, il K2 si mostra in tutta la sua grandezza e devastante potenza. Le tende al Campo 2 vengono distrutte dal vento, le corde fisse forse inutilizzabili o sepolte dalla neve: sembra tutto da rifare. Non bisogna perdersi d'animo e si torna in quota. I nepalesi si muovono veloci con zaini pesanti. Arriva la notizia che le corde sono fissate fino a 7800 metri (altezza mai raggiunta prima in inverno sul K2), e come un fulmine a ciel sereno, la notizia del tentativo di vetta.
Sono ore magiche, l'intero mondo dell'alpinismo sgrana gli occhi e pensa a quei 10 nepalesi lassù, in cima al mondo, che lottano nella sfida più grande della loro vita. Sopra gli ottomila metri, nella terra di nessuno dove pare le energie siano appena sufficienti per pensare a sé stessi, al proprio successo ed alla propria sopravvivenza, questa volta gli alpinisti si aspettano poco sotto la cima. Hanno creduto insieme in questa impresa, ora vogliono coronare insieme il loro sogno, frutto di tanti sforzi e di una visione comune, più che dell'estro individuale. In un mondo dove si corre sempre più veloce, tornare alle origini del camminare al passo del più lento e non lasciare indietro nessuno è la più bella notizia dalla cresta sommitale del K2. La più brutta invece, è la morte dell'alpinista catalano Sergi Mingote, che precipita all'improvviso mentre scende dal Campo 1. La montagna non è assassina, ma come la vita regala gioie e dolori, ricordi indelebili e tragiche perdite che continuano ad interrogarci sul senso dell'alpinismo.
Ora Nimsdai e compagni sono tutti sani e salvi al campo base, finisce l'emozione del momento, della storia che si compie in diretta. È stato un gioco di squadra senza individualismi, un successo incredibile, sul quale in pochi avrebbero scommesso. Il capitolo delle prime invernali sugli Ottomila si chiude con un'impresa epica per l'alpinismo nepalese e per la comunità Sherpa, spesso relegata al ruolo indispensabile e silenzioso di supporto delle spedizioni occidentali. Oggi sono loro i protagonisti, 10 alpinisti a nome ed orgoglio di un'intera nazione.
Credits: Giovanni Zaccaria
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