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DESIDERIO DI VEDERE

Paolo ci racconta..

Facciamo però qualche passo indietro: ci sono io e c'è Luchino, entrambi abbiamo viaggiato molto ma c’è da ammettere che negli ultimi anni un luogo ci ha particolarmente affascinato e questo è il Campo de Hielo Norte.

Una distesa di ghiaccio enorme, in territorio cileno lontana da paesi e città, con delle vie d’accesso sempre complesse e laboriose. 
C’aveva colpito per una semplice foto di un nunatak (una guglia di roccia in mezzo i ghiacci) mostrataci da un amico a El Chalten nel 2018.

Quella foto e la sua descrizione del viaggio c’avevano affascinato a tal punto che l’anno dopo eravamo in cima a quel nunatak salendo una nuova via, “l’appel du vide”. Una linea rocciosa di circa 400 metri sul bordo del campo de Hielo. Quella volta il nostro obiettivo era scalare, per quello eravamo partiti, però arrivati in cima ci si è aperto un mondo, un mondo di montagne che nemmeno vengono descritte sulle mappe, un mondo fatto di lunghe camminate, vento e infine roccia.

Credo che in quel momento una scintilla sia scattata in entrambi, e al centro di quella scintilla, a circa 100 chilometri da dove ci trovavamo c’era un enorme parete rocciosa, impressionante.


Ricordo che nessuno di noi osò parlare, dal mio punto di vista “era troppo”, in quel ghiacciaio era già difficile arrivare; guardarsi attorno era già un privilegio, forse scalare sarebbe stato qualcosa di "oltre".

Però l’anno successivo siamo tornati, questa volta entrando da un'altra valle, più a sud, e assieme a noi c’era Giacomo Mauri. Ricordo essere stata una delle più grandi camminate di sempre. Non so quanti chilometri abbiamo fatto in un ghiacciaio rotto e frastagliato che però non han portato a nulla o quasi. 

Ecco di nuovo il centro della scintilla a noi visibile, il Nora Oeste si mostrò ancor meglio, facendoci vedere la sua parete sud, quel muro di mille metri apparentemente pieno di linee di ghiaccio.
Il secondo viaggio al campo de Hielo si era concluso così, senza aver toccato roccia.


 

Però sapevamo saremmo tornati, sapevamo sarebbe successo a breve, e così è stato, quando l’anno successivo siamo entrati da un altra valle ancora, questa volta forse con l’idea più bizzarra in assoluto, nata da una telefonata che ricordo ancora aver ricevuto da Luca e che secondo me a grandi linee andrebbe riportata:

“ Suona il telefono e rispondo “
 

P: Ciao Luchino 

L: Ciao Paolo, ho avuto un idea per la Patagonia, so come potremmo raggiungere la parete quest’anno

P: Mmmmm vai spara

L: Noi entriamo dalla valle Leones e da li scendiamo verso sud, usiamo sci, slitta e per andare più veloci ci portiamo un wing

P: E cosa sarebbe un wing?

L: Una vela che tieni in mano, più semplice e più sicura di un kite.

P: Mmmm mi sembra un idea veramente “un pò così" però ci sto, proviamo.


La settimana dopo eravamo su un lago alpino ghiacciato a spiegare all’istruttore che avremmo voluto imparare ad usare il wing per attraversare un ghiaccio patagonico, non so se era più folle di noi o cos’altro ma era entusiasta.

Due lezioni su neve una al lago e nient'altro… a quel punto pensavamo di essere pronti


Per fortuna arrivati al campo de Hielo il meteo non ci ha permesso di tirar fuori la nostra vela. Ma la traversata è stata lunga e abbiamo scalato anche una piccola parete di 300 metri. 

Lì abbiamo veramente capito quanto il viaggio sia molto più importante di tutto il resto, dell’arrampicata in sé per sé.



Forse è per questo che non c’è bastato e abbiamo deciso di ritornare per la quarta volta. Forse era il caso di cercare di arrivare al centro della scintilla.

Questa volta non eravamo da soli, con noi c’era anche Gio Ongaro e Andrea Carretta venuti come supporto per aiutarci a realizzare poi un filmato.

Volevamo entrare ma da un’altra valle ancora, la valle Colonia.

Allora entrammo in contatto con il proprietario della valle (sì perché qui intere vallate sono di singoli proprietari che ne hanno il monopolio, soprattutto per portarti al di là dei laghi che spesso separano la zona “più civilizzata“ da quella “remota” dove le pareti son più vicine), pianificammo il viaggio, la spesa, la logistica. 

Poi ad un giorno dalla partenza scoprimmo che non avevamo il passaggio per il rientro in barca.

Allora recupera packraft e pagaie per tutti, gli ultimi due li abbiamo recuperati sulla strada per Malpensa.

Però le sorprese non finiscono arrivati in terra cilena perché scopriamo che il passaggio non lo avremo nemmeno per l’andata.

“Cavolo, ora come entriamo? Non possiamo portare tutto a spalla fino al lago poi navigarlo con il vento a sfavore, servirebbero troppi giorni e scalare diventerebbe solo che utopia”.

Sembrerà strano ma il contatto che ci ha salvato l’ingresso al Campo de Hielo proponendoci un percorso da una valle molto più remota, seguendo poi un passo che portava dritto dritto in direzione della parete è stato il panettiere di Chocrane (uno dei paesi più vicini al Campo de Hielo) che avevamo conosciuto il giorno di Capodanno del 2019, parlando di arrampicata e possibili feste per la serata.

Ci indicò Don Aguidino, un gaucho proprietario di parte della Valle Nef, che conosceva quel passo perché suo padre e suo nonno, proprio là, portavano le bestie (ancora adesso non capisco come potessero portare le bestie in un posto così infelice, pieno di pietre enormi, grovigli di alberi e tempo pessimo).

Quindi siamo partiti a piedi, seguiti da un cavallo e da un gaucho per due giorni per poi essere abbandonati in una foresta fitta e piovosa cercando di andare avanti solo con l’aiuto di una mappa.

Questo è viaggiare, questo è quello che secondo me volevamo vivere



Lo devo ammettere, non è che non manchino momenti di sconforto o tensione. Alla fine, perarrivare alla parete abbiamo camminato 7 giorni sempre con uno zaino enorme in spalla, però n’è valsa la pena, anche solo arrivarci sotto, vederla da vicino.

Si perché era un po 'questo il nostro timore arrivati lì, quello di poterla solo guardare: era enorme e in condizioni pessime, tutta piena di ghiaccio incrostato tra le fessure. 

Però decidiamo di fermarci lì sotto a dormire e di rientrare il giorno dopo.
Forse la nostra curiosità non era soddisfatta. 

Poi appena ci mettiamo nel sacco a pelo entrambi ripensiamo a quel che avevamo visto, riguardiamo le foto e forse vediamo una linea, uno spigolo che taglia le due pareti, nord e sud, forse più protetto dalle scariche di ghiaccio. 


È ancora buio quando decidiamo di partire, andiamo e andiamo, saliamo senza intoppi. Come se avessimo avuto una relazione in tasca.
È pazzesco ma in giornata eravamo in cima, salendo quella parete di mille metri mai salita prima.  

Ci si apre un mondo per l’ennesima volta tutto attorno a noi. Pareti a non finire da ogni lato e il bianco del ghiaccio che spaventa perché non ne vedi la fine. 

In lontananza intravediamo la via del rientro ma non vogliamo scappare subito giù. Vogliamo goderci ancora un attimo quel momento.

Da lì in poi siamo scesi, tornati a prendere il resto del materiale camminando altri 5 o sei giorni; abbiamo gonfiato i canotti e siamo partiti seguendo prima il lago poi il fiume, con varie disavventure anche qui. Tutto parte di un magnifico viaggio.
Fino a tornare in paese dopo circa 20 giorni.
 

Questo è stato il nostro viaggio e questa la nostra curiosità.
Siamo arrivati al centro di questa scintilla ma di sicuro ce ne saranno altre, dobbiamo solo vedere bene dove si trovano.

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