A un certo punto degli anni Ottanta, sembrava che Buoux fosse il centro dell’universo per quanto riguarda l’arrampicata. Cosa ne pensi delle attività svolte in quel periodo a Buoux da Edlinger, Tribout, Marc e Antoine Lemenestrel, Ben Moon ecc. rispetto a quelle svolte in altre zone di arrampicata?
La Buoux di 20 anni fa è paragonabile a ciò che Oliana è diventata oggi: il luogo ideale per l’arrampicata a livello professionistico. L’unica differenza è che all’epoca il climbing come disciplina sportiva era ancora agli albori. Sono stati gli scalatori di quel tempo a scoprire la chiodatura dalla vetta, il redpoint, le scarpe ideali (o quasi). Non esistevano trapani, il che spiega la ridotta presenza di chiodi.
Altre zone hanno vissuto esperienze analoghe, ma Buoux, con la meravigliosa forma delle sue rocce e i celebri arrampicatori che la frequentavano, era in prima linea, insieme al Frankenjura con Wolfgang Güllich.
Oggi devi la tua notorietà all’arrampicata su roccia, ma hai anche vinto alcuni titoli mondiali (nel 1996 la World Cup Lead, il Campionato Europeo e gli X-Games). Segui ancora la World Cup?
Sì! Anche se non guardo tutte le gare, seguo le competizioni con la stessa passione degli amanti del calcio! Le dirette sono eccezionali e vedere dei talenti così dotati rappresenta una fonte di motivazione. Le abilità delle nuove generazioni mi entusiasmano, in particolare nell’ambito del bouldering e con i climber giapponesi. Il loro stile, che è un mix di tonicità, leggerezza e coordinazione, è una gioia per gli occhi.
Biographie è oggi una delle vie più famose al mondo e sei stato tu ad aprire la prima parte con grado di 8c+. Che ricordi hai di quei giorni passati sul famoso percorso?
Nel 1994 e 1995 ritrovarmi da solo a provare la via è stato fantastico. Quando vedo che oggi così tante persone desiderano tentare l’arrampicata, mi sento un privilegiato!
La parte superiore sarebbe stata forse fattibile per me più avanti nel tempo, se avessi continuato a praticare l’arrampicata sportiva al 100%, ma volevo viaggiare, affrontare vie multi-pitch e fare dell’alpinismo.
È una metafora della vita: se sogni di fare qualcosa, quasi sicuramente lo puoi fare, ma solo se sei deciso a impegnarti a fondo. Se non è così e fai altre scelte, non devi avere rimpianti.
Sei l’autore di una lista incredibile di vie multi-pitch, come Ali Baba, Tough Enough e Delicatessen, solo per citarne alcune. Sei tuttora alla ricerca di nuovi percorsi in questo stile?
Più che completare nuove arrampicate impegnative, mi piace predisporre nuove vie multi-pitch. Adoro la fase di immaginazione: visualizzare la parete, trovare una via e poi recarmi sul posto per scoprire com’è in realtà. Creare nuovi percorsi è per me la cosa più gratificante nell’arrampicata. Indipendentemente dal grado di difficoltà, devo dire.
Sono lieto che la mia soddisfazione non dipenda da un valore, ma dal processo creativo di definizione di nuove vie. Essendo giunto quasi a 50 anni, so bene quanto sia faticoso per il mio corpo e la mia mente provare delle vie davvero impegnative e cercare di superare i propri limiti, e so anche che non è questo che mi rende felice.
Sono molto soddisfatto della via che ho aperto con Nina Caprez due anni fa al Grand Capucin. Con soli 7c, questo percorso sul Monte Bianco sarà difficile. Sono contento di avere ancora occhio e di riuscire a trovare delle belle vie.
La prossima estate mi piacerebbe esplorare per la prima volta la traversata di Ceüse. La Grande Face è una meravigliosa via multi-pitch da 10-12 tiri, forse non più complessa di 7b. Molti scalatori sarebbero quindi in grado di provare questo stile.
Voglio anche proseguire una via su una parete di 500 m a 30 km da Ceüse, sul lato nord-est di Pic de Bure. Sarà dura per me, la roccia non è perfetta e ci sono alcuni passaggi da 8° grado. È dunque una buona motivazione per lavorare meno come guida e arrampicare più regolarmente.
Sembra che il climbing moderno sia concentrato solo su record e competizione, non molti arrampicatori citano la bellezza di una via o sembrano apprezzare altri aspetti rispetto al continuo sforzo e all’impegno per superare i propri limiti. Cosa ne pensi di questa evoluzione verso un’arrampicata più aggressiva?
Condivido con molte persone informazioni sulle vie più belle o sui posti che conosco, e personalmente sono lieto di notare che molti scalatori sono motivati da esperienze entusiasmanti invece che dai numeri.
Tra i climber ai massimi livelli, non sono certo che 10, 20 o 30 anni fa la competizione fosse meno accentuata. Sembrava essere molto intensa tra il gruppo parigino (Le Menestrel, Tribout) ed Edlinger negli anni Ottanta. Negli anni Novanta ci sono state polemiche con Fred Roulhing...
Ragazzi come Adam Ondra o Alex Megos sono davvero onesti e corretti, a mio parere. Sono dei modelli esemplari, come lo è stato Chris Sharma.
Concordo sul fatto che l’arrampicata sportiva è più chiassosa che mai. Per me, c’è un eccesso di schiamazzi.
Sei stato in ogni angolo del pianeta nel corso della tua vita. Viaggiare e fare arrampicate rappresenta per te ancora un obiettivo ed una passione?
Il cambiamento climatico è una realtà e un tema urgente, viaggiare per le arrampicate inizia ad essere un problema per me. Come mai prima d’ora, questo è diventato un dilemma che affligge ogni climber che da una parte desidera rispettare la natura e dall’altra è mosso dalla passione per la scoperta di nuovi tipi di rocce e pareti.
Devo ammettere che viaggiare per scalare e per aprire nuove vie intorno al mondo, passando molti giorni nei piccoli villaggi, mi ha dato l’opportunità di scoprire altre culture e mi ha reso un essere umano migliore.
Non ho lezioni da impartire, perché tuttora viaggio dalle 2 alle 4 volte l’anno come guida, ma ora scelgo con cura le mie destinazioni, e mi allontano solo se il progetto è davvero entusiasmante per me e se ci sono punti di contatto con gli abitanti del posto che mi consentano di apportare e condividere il mio bagaglio di esperienza. Per il prossimo anno ho in programma il progetto Pic de Bure vicino a casa, sono davvero felice.
Multi-pitch, competizioni, arrampicata sportiva e trad climbing: puoi scegliere tra vie fantastiche per tutti questi stili di arrampicata. Quale preferisci? Oppure ami scalare in tutte le modalità?
Amo tutte le tipologie di climbing. È bello doversi adattare, apprendere nuove cose, provare sensazioni nuove...
L’arrampicata sportiva mi annoia un po’, preferisco l’onsighting al redpointing: ci sono troppe soste quando si prova un percorso! Non faccio spesso bouldering dato che non pratico arrampicate abbastanza impegnative con sufficiente regolarità e inoltre è un’attività troppo dura per il mio fisico, eppure mi piace.
Dopo tanti anni di arrampicata, la tua motivazione sembra più forte che mai. A cosa lo si deve?
La mia passione ha radici profonde. Sin da bambino amavo arrampicarmi. Scegliere gli appoggi giusti, usare il corpo nel modo migliore per risolvere le sequenze, e impegnarsi durante un tentativo a vista: amo tutto ciò. Quando il mio corpo mi consente di muovermi su una parete senza sforzo, provo una soddisfazione piena e profonda.
Come ho detto, adoro aprire nuove vie. Questo atto creativo e la possibilità di scoprire il percorso migliore che tu abbia mai affrontato è entusiasmante.