Quest'estate Alessandro Baù, forte e visionario arrampicatore padovano, ha salito in libera, assieme ai compagni di cordata Nicola Tondini e Claudio Migliorini, Space Vertigo. La linea era stata individuata e creata dallo stesso trio l'anno scorso. Le regole del gioco sono semplici e chiare: fix alle soste, lungo i tiri solo protezioni tradizionali e nessun passo di artificiale. L'ingaggio ed il divertimento sono assicurati, non certo come il successo di arrivare un giorno in cima. La via è stata aperta in diverse giornate, dopo run out, lunghi voli e tentativi al limite delle capacità fisiche e mentali dei tre arrampicatori. Quest'estate mancava "solamente" mettere insieme tutti i pezzi del puzzle: la libera dei singoli tiri, partendo dal suolo ed arrivando in cima. Questo settembre Ale e soci hanno chiuso il cerchio, in attesa che altri sognatori curiosi ripetano la via e si confrontino con il vuoto di Space Vertigo. Per chi non è del mestiere, andate sotto a vedervi le foto della salita ed i commenti di Alessandro, vi sembrerà di essere là con lui.
L'arrampicata è forza motrice, ciò che spinge a confrontarsi con il limite. La scusa per vivere pienamente.
"Sui primi metri di Space Vertigo, ho fatto fatica. Il cuore che batteva a mille, tutti i pensieri raccolti nei mesi precedenti che si trasformano in azione. Respiro, aspetto, sciolgo le braccia ed entro nel vivo del tiro fino a quando, ormai prossimo alla sosta, faccio questa sbracciata. Ed ecco che testa e corpo si sono appacificati."
Per chi invece ha le mani che sudano solo al pensiero dell'arrampicata, sappiate che Space Vertigo ha uno sviluppo di 710 metri, arriva a difficoltà di X- (8a) con un grado obbligatorio di VIII+ (7a+/7b). In parete sono stati lasciati fix a tutte le soste, oltre a circa 90 chiodi, una decina di dadi incastrati ed altrettanti cordini sulle clessidre lungo i tiri. Per una ripetizione servono forti braccia e tanta testa, oltre alla capacità di proteggersi con protezioni veloci ed una buona logistica.
Ale, avete scelto il terreno e le regole del gioco: ne è venuta fuori una delle vie più impegnative delle Dolomiti, dove l'alta difficoltà si unisce alla necessità di proteggersi da sé lungo i tiri. La vostra via è in qualche modo paragonabile alla Dawn Wall di Yosemite che ha fatto sognare i climber di tutto il mondo? Ci avete pensato?
"Non direi paragonabile alla Dawn Wall, direi che è stata la nostra Dawn Wall. Sicuramente quella salita e il relativo film ha inspirato tanti arrampicatori, me compreso. Ha lanciato il messaggio, che niente è impossibile, che bisogna perseverare nelle proprie visioni. E così, anche noi, abbiamo dato il massimo nel nostro piccolo."
Quali le similitudini e quali le differenze tra la vostra avventura e quella di Tommy Caldwell e Kevin Jorgenson?
"Come similitudini, la visione di una progetto folle (per lo stile usato) e la determinazione di portarlo a termine credendo nel team. Le differenze più grandi direi le difficoltà ed il numero totale di giornate passate in parete, che non sono paragonabili. Infine il fatto che loro si sono calati dall’alto mentre noi siamo saliti dal basso.
La vita in parete, quando l'unica dimensione è quella verticale.
"Space Vertigo è stata un’esperienza diversa rispetto a quanto ho vissuto in Dolomiti fino ad oggi. Siamo andati in parete con la mentalità da big wall, un po’ come si va sul Capitan. Tornare al portaledge alla sera è stupendo: c’è tutto quello che ti serve e riesco proprio a rilassarmi."
Nel mare giallo e pieno di incognite delle Tre Cime, Ale naviga in compagnia di Nicola e Claudio. Con i compagni di cordata non si condividono solo gli angusti spazi fisici, ma molto, molto di più.
"Il team in questo progetto è stato tutto: per la scelta della linea, per lo stile, per la logistica e per come affrontare la parete. L’unica difficoltà che abbiamo avuto è stato riuscire a trovare delle giornate in cui fossimo liberi tutti per poter andare in parete."
Quando un progetto è ambizioso, bisogna anche affrontare la paura di non farcela. Vera sofferenza c'è stata solo il primo giorno, quando l'umidità respingeva i nostri tentativi di libera e piegava il morale a terra. I giorni seguenti invece c’era solo tensione e consapevolezza, con un tantino di male a mani e braccia!
Cima Ovest di Lavaredo, fine di un viaggio. La via è aperta, ed è stata percorsa in libera. La discesa necessita attenzione, ma ha il favore della gravità. I pensieri condenseranno, lassù ci si gode l'emozione.
"In vetta non ti rendi conto subito di quello che hai fatto, lo metabolizzi solo con il tempo..."
Credits: Giovanni Zaccaria
Photo Credits: Giovanni Danieli, Matteo Pavana
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