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Questa volta abbiamo deciso di intervistare un team Alpine Running unico nel suo genere. Si fanno chiamare Team Peggiori ed è composto da persone totalmente diverse fra di loro, con vite e lavori molto differenti, ma accumunate dalla stessa passione per il trail running.
Ne fanno parte Luca Sovilla, Emilio Vellandi, Davide Pierantoni, Stefano Fantuz, Marco Dalle Molle, Luca “Calle” Calgaro, Denis Bogotto, Cristian Sommariva, Ivano Molin, Marco De Prà, Manuel De Zan, Marco Fornasiero, Chiara Pinarel e Alex De Villa.
La voce del team di oggi è Luca Sovilla, reduce dall’ultima edizione della Transcivetta nell’Agordino in provincia di Belluno.
Com’è nata l’idea di creare il Team Peggiori?
Il team peggiori non è un’idea, è nato per caso durante giornate fra amici passate insieme, fra una gara a coppie e nottate improvvisate con delle brande nel bivacco della nonna utilizzato come luogo di incontro fra amici. L’origine del nome del team è invece sicuramente curiosa. Mi capitava di portare in questo posto una ragazza, che poi è diventata la madre dei miei figli. Totalmente nuova nell’ambiente, sulle note di una canzone di De André, mi chiese se quelle persone con cui passavo alcune delle giornate più divertenti di sempre, fossero fra le migliori che si potessero incontrare e io risposi: “No, sono le peggiori”. E’ iniziato così un gioco che ha poi generato un vero e proprio team.
Qual è la caratteristica principale che contraddistingue il Team Peggiori?
Il team Peggiori è nato come un gioco, ma è diventato poi parte integrante di un progetto più grande legato a SCARPA. Noi scriviamo sempre che siamo brutte persone con delle insane abitudini, siamo molto sinceri, diciamo quello che pensiamo. Siamo un gruppo composto da persone molto diverse fra loro, ma accumunate da una passione comune.
Qual è la vostra filosofia?
Ci sono tre immagini emblematiche che descrivono la nostra filosofia, ci siamo totalmente sdoganati e aperti. Seguiamo tre principi precisi: la fatica, la festa e l’amore.
Cosa significa correre per il team?
Correre rappresenta la voglia di sperimentare i propri limiti e la fatica. C’è chi va più forte, chi vince, chi arriva al cancello, chi non ci arriva, chi lotta per le prime dieci posizioni, chi si confronta con realtà importanti. Correre è un modo per trovarsi tutti insieme, anche se non è sempre possibile, e per condividere questa grande passione.
Cosa lega gli atleti del team?
Il team è composto da persone totalmente diverse fra di loro, con vite e lavori molto differenti, ma legati dalla passione per il trail running e dal desiderio di non mollare mai il chiosco. Fratellanza basata quasi sul nulla in realtà. Manteniamo un basso profilo che credo sia la nostra chiave vincente. Non ci prendiamo mai veramente sul serio.
Raccontaci un aneddoto particolare.
Mi vengono in mente tante dimostrazioni d’affetto di tante persone, siamo un gruppo e anche se non possiamo sempre essere presenti a tutte le gare insieme, riusciamo sempre a radunare due o tre di noi. Non ti senti mai solo; anche se arriviamo quarti o sesti ci facciamo sentire sempre e troviamo sempre il tempo per divertirci. Posso affermare con sicurezza che molte persone ci invidino, anche se l’invidia non fa parte di noi.
Pensate sia più importante arrivare al traguardo o al chiosco?
Alla fine di una gara c’è sempre un chiosco, anche se a volte lo trovi alla partenza. Due anni fa insieme a Manuel De Zan abbiamo bevuto due birre prima di partire e le persone erano scandalizzate. Quest’anno ho visto che anche altri hanno fatto lo stesso. In realtà per noi è importante fermarci dopo la gara, al di là dei risultati. Anche prima della UTMB nel 2015 io e Ivano Molin abbiamo festeggiato poche ore prima della partenza, lui ha fatto un ottimo risultato, io l’ho finita, ma sicuramente la preparazione delle ore prima non è stata quella di atleti che stanno per percorrere 170 chilometri!