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ADELAIDE D'ADDARIO

Adelaide, come hai iniziato ad arrampicare?

"Arrampico da quando sono bambina grazie ai miei genitori. Da sempre mi hanno portato in giro con loro e mi hanno avvicinato a questo mondo. Per diversi anni poi arrampicare è stato il mio sport, mi allenavo e partecipavo alle gare. La grande passione per la scalata la devo sopratutto a mio padre, Guida Alpina, che è stato capace di trasmettermela."
 

Quali emozioni ti dava il mondo delle gare?

"Le gare sono state per me, per prima cosa, adrenalina. Inoltre partecipare ad una competizione mi stimolava, mi dava tanta voglia di migliorarmi e andare oltre i miei limiti. Ora sono già 3 anni che ho cambiato approccio. Ho lasciato il mondo delle gare, che mi ha dato molto e mi ha permesso di viaggiare in tutto il mondo. Volevo ricercare un'arrampicata più pura, libera da ogni giudizio o regola.
 

La falesia può essere per molti il luogo di passaggio tra l'arrampicata indoor e le avventure alpinistiche.
Te come la vivi?

"Quando scalo in falesia provo ad arrampicare principalmente a vista, scalo rilassata, per il gusto di farlo, ricercando il movimento e la bellezza del gesto.

Le grandi pareti sono tutta un'altra storia. Quello che mi piace è l'estetica della linea e l'esperienza potente che vivo dentro di me. Ammetto però che sono in questo mondo da poco, lo sto ancora scoprendo...buttandomici a capofitto!"

Sei appunto tornata dalla tua prima spedizione. Perché proprio in Marocco?

"Si, primissima! E devo dire che mi ha fatto venire voglia di ripartire subito...
Con Pietro volevamo andare in una terra calda, dove l'impronta occidentale non avesse ancora messo radici. Ci siamo lasciati ammaliare dai racconti che ci arrivavano da chi è stato a Taghia prima di noi: immense pareti di roccia fantastica e veramente unica."
 

Come è andata? Raccontaci il tuo viaggio!

Il nostro obbiettivo qui a Taghia era quello di scalare di tutto, semplicemente il più possibile!

Iniziamo quindi la nostra avventura verticale scalando due vie sull'Oujdad, la grande parete che sovrasta il villaggio e lo sorveglia da vicino. Il primo giorno saliamo Ilha Fatima, una via di 400 metri fino al 7b+. Arriviamo sulla cresta nord della montagna dove tocchiamo il "tronco di vetta" conficcato nel terreno, a mo' di croce.
Da lassù il villaggio sembra ancora più piccolo, e si vedono nella loro interezza i fiumi di terra porpora, rossa e gialla che colorano la vallata.

Il giorno seguente saliamo la strepitosa La Man du Maroc, 400 metri fino al 7b+. Si tratta di una via che porta la firma Heinz e si vede: gradi sostenuti, linea eccezionale e roccia favolosa. Entrambi non credevamo che questa roccia potesse essere così solida e con conformazioni così varie e belle da arrampicare: svasi a mano aperta, gocce gigantesche, ma anche fessure dove incastrare è d'obbligo.
Insomma c'è una moltitudine di stili che rendono la salita sempre varia e divertente!
 

Com'è la vita a Taghia?

"A Taghia si vive una routine...straordinaria! Finito di arrampicare si torna a quella che è stata la nostra casa per l'intero soggiorno: il Gite di Said. Lui subito ci porta un ottimo tè caldo con pane e olio. Poi si legge, si scrive e si fa stretching sul tetto della Gite e si aspetta l'ora della cena. La famiglia di Said prepara ogni volta Tajin prelibate, quasi sempre diverse.
E via, si è pronti per ripartire il giorno dopo. Questa è la vita del villaggio: una vita semplice e lenta.
Taghia è un luogo dove il tempo è scandito dal ragliare dei muli e dal sole che fa capolino e si nasconde timido dietro all'Oujdad. Un luogo dove forse il tempo, invece, non esiste. Dove gli uccelli cantano e l'Assif Ahnansal (il fiume) scorre veloce mutando ogni cosa in verde. Un luogo dove gli alberi si intrecciano, sulle distese desertiche, formando figure sempre nuove e maestose. E nelle cui gole labirintiche spira un vento inebriante che ti porta lieve verso il villaggio...


 

Quindi è arrivato il momento di affrontare le grandi vie classiche del posto.

"Si! Dopo esserci riposati al fresco del canyon per un giorno, finalmente arriva il tanto atteso momento delle "classiche": Les rivieres pourpres e l'Axe du Mal!
Sveglia molto presto, avvicinamento tra torrenti, massi modellati dal fiume e sugli amati quanto temuti passages berbères, ovvero le esposte cenge in legno costruite dai pastori berberi per attraversare ripide pareti e collegare così parti dei canyon altrimenti non comunicanti.
Saliamo Les rivieres pourpres, 500 metri fino al 7b+, un capolavoro di Petit, Piola e Robert e capiamo subito perché è definita La Classica di Taghia: è una linea davvero disegnata con la bacchetta magica. Saliamo veloci, godendoci ogni attimo di questa scalata, e presto ci troviamo alla cengia prima dell'ultimo tiro duro. L'inclinazione si fa sentire, non sono sicura di farcela, ma parto convinta...supero una sezione fisica di allunghi su buchi...e arrivo in sosta! L'ultima parte della via è un facile spigolo, velocemente arriviamo in cima e ci rendiamo conto di averla salita tutta in libera! Per festeggiare, ci gustiamo il mandarino che Said ci ha dato la sera prima come se fosse il più buono dei dolcetti."
 

Su l'Axe du Mal invece qualcosa è andato storto...

"Alla luce debole del mattino presto la parete del Tadrarate, sulla quale si sviluppa l'Axe du Mal, 500 metri fino al 7c, si staglia immensa di fronte ai nostri occhi.
È davvero imponente, iniziamo a salire, timorosi, tacca dopo tacca... Sta andando tutto bene, ma ad un certo punto accade il misfatto: le scarpette di Pietro, a due tiri dalla fine, decidono di fare un bel volo fino alla base della parete! Se ci ripenso ora è stata una situazione abbastanza esilarante, perché nonostante questo decidiamo di proseguire.
Ovviamente tocca a me tirare da prima gli ultimi tiri, mentre Pietro mi segue come riesce con le scarpe da avvicinamento. Arriviamo in cima e siamo felicissimi! Ma le scarpette non le vogliamo mica lasciare ai pastori né alla prossima piena del canyon. Decidiamo quindi di farci 14 doppie, avventurose più della salita, per andarle a recuperare.
Per fortuna ci hanno aspettato proprio all'attacco della via!"



 

A questo punto vi siete ritenuti soddisfatti delle vostre arrampicate.

"Non proprio! Avevamo troppa voglia di scalare, in totale abbiamo salito più di dieci vie. I giorni passano veloci sotto i nostri polpastrelli, ma ci rimane ancora una parete da salire. Una parete che ci guardava tutti i giorni, osservando il villaggio al di là del fiume. La maggior parte delle linee sul Tuyat, affrontano sezioni così lisce e verticali che contengono dei tratti di arrampicata artificiale. Optiamo quindi per Fantasia, un capolavoro di 700 metri fino al 7c.
Ci spaventa la lunghezza e la continuità di quella via: non molla mai, i tiri sono sempre duri. È stata aperta da una cordata di polacchi, e si sa, i polacchi non sono proprio generosi con i gradi. Quando finiamo la parte più impegnativa tiriamo un sospiro di sollievo: mancano solo pochi tiri, e infine... la cima!
Quassù sembra di essere sulla luna, una distesa desertica si staglia di fronte a noi, il sole sta tramontando. La luce filtra tra le poche nuvole in cielo e crea splendidi giochi di colore sulle cime delle montagne all'orizzonte. Circondati da tutta questa bellezza iniziamo ad attraversare il plateau con il buio che, inesorabile, avanza.
Ci sentiamo in pace con il mondo, è ora di tornare..."
 

Cosa ti porti a casa da questo viaggio? Quali sogni hai per il futuro?

Vivere la vita berbera e fondermi nella loro cultura mi ha fatto dimenticare il senso del tempo. Qui a Taghia si vive nel presente, non esiste null'altro. Il passato oramai è andato e il futuro viene rappresentato con una frase: "in šāʾ Allāh" (se Dio vuole). È la filosofia del presente, del vivere in un mondo che ti crei con le tue mani, pietra dopo pietra, come le case qui nel villaggio.
Lasciamo Taghia con il desiderio di ritornare, di provare ancora quelle stesse sensazioni, di vivere ancora quella vita e di essere tutt'uno nuovamente con la roccia e le montagne che sovrastano il villaggio. Se potessero sentirci, vorremmo davvero dire "grazie" a Taghia ed a tutti i suoi abitanti.

Nel mio futuro vorrei entrare più a fondo nel mondo della montagna a 360 gradi, tra ghiaccio e neve. Mi piacerebbe fare più esperienze possibili, viaggiare molto e poi chi lo sa, magari tentare un giorno le selezioni per diventare Guida Alpina!"



✍️ Giovanni Zaccaria

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