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WADI RUM: MONTAGNE NEL DESERTO

Turisti e climbers, sole e stelle:
La sabbia del deserto è rosso fuoco e riflette tutta la luce ed il calore dei raggi solari. Durante il giorno questo posto è un forno. Gli arabi ci dicono ripetutamente che siamo stati furbi a venire in novembre, perché nelle lunghe giornate estive fa veramente caldo. Nonostante la nostra "furbizia", troviamo questa temperatura autunnale insopportabile e proviamo ad immaginare come debba essere vivere qui ogni giorno dell'anno.



A Wadi Rum i beduini locali hanno da tempo abbandonato l'attività prevalente di pastori per dedicarsi all'ospitalità ed ai vari servizi turistici per i viaggiatori che arrivano da ogni parte del mondo. Questi si dividono principalmente in due categorie ben distinte per tipologia di visita e necessità in loco: turisti e climbers.
I turisti arrivano seduti sul retro dei pick-up 4x4 allestiti all'occorrenza con panche foderate di cuscini e tendalini variopinti. Protetti dai copricapi locali comprati al negozio di souvenir e dagli occhiali da sole, con il vento e la velocità come alleati, si scattano una foto stando attenti che la sabbia non gli entri nelle scarpe. I più coraggiosi provano l'ebrezza di cavalcare un cammello o visitare le pitture rupestri degli antichi nabatei, oppure si attardano una notte nel deserto per toccare con mano le infinite stelle del cielo.
Noi climbers invece siamo strani e tutti nel paese ci guardano con quel sorriso curioso e divertito che si riserva ai pazzi. Spenderemo nel villaggio una o più settimane, mangiando tanto e all'ora che ci pare. Ci sveglieremo nel cuore della notte, per impedire al sole di gonfiarci i piedi e di fonderci il cervello sotto al caschetto. Rientreremo altrettanto tardi perché ci siamo persi in qualche canyon seguendo una vecchia traccia di pastori, con le mani rotte ed i muscoli a pezzi, coltivando quell'unico e inutile desiderio di salire e scendere montagne perché famose o sconosciute.



Su e giù per rocce e sabbia, Jebel e Siq:
Se vi considerate appassionati di montagna e vedete nella cime i templi della natura, allora in Wadi Rum ci dovete proprio andare. I vari Jebel (così si chiamano le montagne) sono imponenti e massicci. Il vento ha lavorato con costanza le pareti rendendole simili a barocche decorazioni di navate: un labirinto di colonne e strapiombi tra le quali si fanno strada timidi ed irregolari sistemi di fessure. Non importa che tu sia un fessurista o placchista di granito, oppure un dolomitista abituato al calcare più o meno marcio; sull'arenaria del deserto troverai un altro mondo da scalare. Da lontano è estremamente difficile capire i punti di debolezza della parete, dove la roccia è sana e dove invece è ricoperta da un fastidioso e scivoloso strato di sabbia. L'arenaria è tenera ma molto abrasiva, gli attriti delle corde si fanno subito importanti e quando si scende in doppia le corde si incastrano con troppa facilità durante il recupero. Thomas ed io abbiamo scalato in diverse parti del mondo, da Yosemite alla Patagonia, dal Marocco alla Norvegia. Eppure qua dobbiamo imparare nuovamente da zero, dobbiamo ricostruire un bagaglio di esperienza e fiducia che ci permetta di muoverci in parete con fluidità e seguendo l'intuito.
In cima i Jebel assomigliano ad una miriade di cupole di varie dimensioni, rotonde e lisce, separate l'una dall'altra da dei canyon che qui si chiamano Siq. Questi sono molto stretti, di profondità variabile, e possono costituire alternativamente delle vie di fuga per scendere in qualche modo a valle così come delle trappole dalle quali non si riesce più ad uscire, come in un incubo tridimensionale e reale. Abbiamo imparato sulla nostra pelle a districarci in questo scenario così differente da qualsiasi altra parte del mondo, per prove ed errori, scambiando esperienza e un po' di fortuna per una possibilità di discesa a valle.
Lassù pare di stare sul terrazzo di un'enorme edificio senza scale: il paese in basso sembra così piccolo e vicino da poterlo toccare con la mano, eppure è irraggiungibile. Le luci delle case si accendono e le stelle ricoprono ogni centimetro di cielo come una fitta nevicata. La via di discesa è un rebus indecifrabile, mentre il muezzin canta dall'alto del campanile e le note della preghiera rimbombano nelle orecchie come misteriosi presagi.



Un beduino e qualche collega:
Gli edifici del villaggio sono quasi tutti uguali, eppure per noi uno è più importante degli altri: è la casa di Atayek. Lui e la sua famiglia beduina ospitano scalatori stranieri da decenni e a casa sua c'è tutto quello che serve: cibo in abbondanza, acqua, una grande tenda di stoffa con dentro i materassi dove buttare il sacco a pelo, un bagno con doccia ed un tavolo pieno di foto di pareti, schizzi di vie, fotocopie e relazioni scritte a penna. Atayek sa come farti sentire a casa e conosce il deserto come le sue tasche. Dire che non arrampica non è corretto, dato che come gran parte dei beduini si muove slegato su passaggi di quinto grado in ciabatte. Diciamo che non ripete le vie che interessano solitamente agli occidentali. Nonostante ciò conosce tutto, sa quali sono i tiri dove stare attenti e quali passaggi richiedano un friend particolare di protezione o attenzione per non sbagliare via. Con la sua jeep è sempre pronto a portarci alla base delle pareti più lontane, per poi venirci a prendere puntuale come il sole all'orizzonte. Atayek è un punto fermo al pari di un rifugista delle Alpi. Casa sua è frequentata da più di 15 anni da un manipolo di guide alpine francesi che continuano anno dopo anno ad aprire vie nuove ed accompagnare clienti  alla scoperta di questo angolo di mondo. Cenare assieme a Stephan, Christian, Arnaud ed i due Remi ci ha permesso di conoscere meglio la cultura e la roccia della Giordania, imparando da chi vive questa terra come una sua seconda casa.



Vie dure ed esplorazione verticale:
La voglia di confrontarci con le pareti che hanno fatto la storia di questo posto, la scarsa attenzione ai tempi di recupero e l'entusiasmo contagioso ci hanno permesso di salire 11 vie in due settimane. Abbiamo alternato itinerari classici e abbastanza ripetuti a vie aperte da grandi scalatori del passato quali Arnaud Petit e Kurt Albert solo per citarne un paio. Tra le vie più avventurose e affascinanti ci sono sicuramente quelle aperte nei primi anni novanta da Haupolter e Precht. Questi due ragazzi austriaci hanno tracciato senza compromessi delle vie lunghe e selvagge, ancora oggi temute e ambite. Più dei tasselli a espansione, non particolarmente affidabili sulla tenera roccia del deserto, gli specialisti dell'arrampicata in Wadi Rum sanno fiutare dove il vento ha scavato così tanto da creare una clessidra naturale o dove un piccolo colpo di martello (o di trapano) ne può creare una, spesso ben più affidabile dei chiodi. Alla fine, avendo ben chiara la geografia del massiccio e gli stili di apertura che si sono susseguiti nei decenni, abbiamo trovato una parete vergine dove provare a salire a nostra volta un itinerario nuovo. La relazione? La trovate a casa di Atayek ovviamente!

Arrampicata plaisir, vie normali e campeggi nel deserto
Dopo due settimane di scalata pressochè ininterrotta nelle quali io e Thomas ci siamo sfogati come scalatori affamati davanti ad un banchetto "all you can eat", sono atterrate in Medio Oriente Alice e Rachele. Finalmente ci siamo potuti rilassare ed è cominciata la vacanza vera e propria. Abbiamo visitato Amman, Petra, la riserva di Dana, il Mar Rosso ed altri luoghi della Giordania. Questo piccolo stato è un'oasi di pace in una terra piena di contraddizioni e con dei vicini grandi e scomodi. Alla fine siamo tornati nel deserto da Atayek. Il Wadi Rum è stupendo perché ha qualcosa da offrire per ogni livello di arrampicata, dalle vie normali con passaggi di II-III grado fino alle vie dure, psicologicamente e fisicamente impegnative. I percorsi più facili seguono i sentieri e brevi tratti di arrampicata che venivano percorsi per secoli dai beduini. Pastori di sussistenza che portavano i loro animali a brucare i pochi fili d'erba che il deserto poteva offrire. Sono dei veri e propri viaggi esplorativi tra le pieghe delle montagne, alla ricerca dei passaggi più agevoli per raggiungere la cima. Decidiamo di farci portare al confine sud della Giordania, dove il deserto diventa Arabia Saudita. Lontani da tutto, ad oltre un'ora di jeep dal villaggio, siamo veramente soli nel luogo più silenzioso del mondo, con il nostro piccolo fuoco per fare il tè e scaldarci dal freddo che subito dopo il tramonto copre la sabbia.



Distesi sulla terra nuda respiriamo a pieni polmoni e spalanchiamo gli occhi. Non pensiamo mica alla scalata del giorno dopo, quella è solo una scusa, la perfetta scusa per vivere il deserto nel qui ed ora.

Credits: Giovanni Zaccaria

Le vie salite:
Settebello (via nuova al pilastro NE del Nassrani 6a+, 200mt), Guerre Sante (7b+, 400mt), 55 steps to hell (7b 300mt), Corner line (6c+, 350mt), Jollyjoker (6c, 650mt), Raid mit the Camel (7a, 450mt), Lionhearth (6c, 350mt), Barrah Tribute (7b, 200mt), Star of Abu Judaidah (6c 200mt), Merlin Wand (6b, 200mt), Flight of Fancy (6b+ 120mt), Pillar of Wisdom (6b+, 350mt), Black magic (V+, 300mt), Beauty (6b, 200mt), Orange Sunshine (V+, 250mt), Ali route (IV, 250mt)

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