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Colmillo Sur Photogallery

credits: Marcello Cominetti e Francesco Salvaterra

La guida alpina Marcello Cominetti ci porta ancora una volta in Patagonia, per scoprire il Colmillo Sur, una vetta ancora inviolata nelle Ande Patagoniche Australi. 

"Lo scoglio che preme contro le mie vertebre lombari attraverso il materassino non avrà la meglio sul mio sonno perché la sveglia sta già suonando. 
Franz al mio fianco ha da poco smesso di cercare una posizione da dormita avvitandosi nel sacco a pelo come una punta da trapano. Sono le due e mezza. Siamo accampati con i nostri amici Luca e Giacomo sulle ghiaie de la Plajita, la spiaggetta. In verità i diminutivi sono una mania argentina perché questa spiaggia del lago Electrico é enorme come tutto ciò che ci circonda. Le montagne soprattutto, che occhieggiano tra le nubi e la luna di una notte incerta nel sonno, nei propositi e nel meteo. Ci siamo stufati di consultare bollettini e meteogrammi, quindi Franz ha trovato un sito che annunciava tempo buono e con quella previsione siamo partiti. E infatti gli spazi tra le nuvole sono consistenti a sufficenza per farci partire carichi di materiale e entusiasmo in dose giusta ma non esagerata.



Per noi è già giorno, ma è buio come asfalto fresco, perché la luna è già nello stomaco di qualche vaporoso cumulo carico di umidità spessa. Prendiamo a calci la morena che attraversiamo a passo di carica, come se fossimo bersaglieri ipovedenti. Le tende lasciate montate sulla plajita speriamo di ritrovarle al nostro ritorno ben ancorate agli scogli, perché sappiamo bene che del vento patagonico non ci si può fidare mai. Eppure insistiamo a spendere energie maledicendoci costantemente perché questa è la nostra passione. Non ci possiamo fare niente!
Sono le sensazioni che qui racconto perché i dati tecnici di una salita incerta e dall'esito sconosciuto sono "fuffa" e li raccontano tutti allo stesso modo annoiando terribilmente. Noi vorremmo fare divertire il lettore con un po' di leggerezza di spirito. 
Seracchi piombano rombanti su ogni lato della valle, per fortuna nostra abbastanza larga da lasciarci ancora sonnecchiare e sopravvivere mentre risaliamo veloci verso la base della parete che è ancora vergine, come la cima, del Colmillo Sur.


Colmillo è un nome inventato da Rolo Garibotti per nominare tre cime appuntite che doveva descrivere nella sua bella guida Patagonia Vertical. Significa "dente canino", nome abbastanza appropriato alla forma di queste belle torri. Il Colmillo central è stato salito la prima volta da Franz e compagni un mese fa, il Norte da Hervè Barmasse e compagni nell'inverno di due anni fa, e il Sur ha rischiato di farsi sverginare da Franz e Jacopo Pellizzari qualche settimana fa perché hanno tentato una via diretta sulla liscia parete Sud per ora finita nella bufera, ma torneranno.
La cima non sembra concedersi tanto facilmente perché ha sopra uno di quei dannati funghi di ghiaccio strapiombanti da ogni lato, tipici delle vette che si affacciano sullo Hielo Continental Sur, la fabbrica delle perturbazioni delle Ande Patagoniche Australi. 

Noi saliamo da est, al sole incerto del mattino di oggi, che le nuvole stanno già inglobando nel loro abbraccio grigio e ventoso. Il sole non ci tocca ma per i primi 4 tiri di corda almeno il vento ci risparmia perché soffiando da ovest ci può solo aspettare al colle che divide i due Colmillos, il nostro dal Central. Battezziamo questa forcella Brecha de los Sardos in onore al nostro coraggioso compagno Giacomo da Sassari, che ha già acquisito la destrezza necessaria con gli strumenti appuntiti che ha a mani e piedi. Bon così! Alla Brecha il vento soffia tanto improvviso che ti viene da dire "chiudi quella cazzo di porta!" , ma invece ce lo porteremo dietro, e di lato, fino in vetta.La parete è quasi verticale ed é totalmente ricoperta di brina e neve ghiacciate, un fenomeno unico nel suo genere che condito dal vento sa davvero di Patagonia. Si chiama Escarcha. 

Bisogna tirare stretto il cordino del cappuccio e cercare di stare fermi il meno possibile. Le lunghezze di corda scorrono rapide nonostante le difficoltà non siano banali. Fino all'M5+ secondo tutti noi, Giacomo compreso, che ha capito immediatamente come funziona la scala del misto e soprattutto come ci si arrampica sopra! 
Ci chiede solo per favore di non dirgli che era facile e noi lo accontentiamo e ci facciamo delle sane risate su, mentre la neve ci entra nel collo e nei polsi. Eppure avevamo stretto tutti i cordini possibili. Nell'ultimo tiro Franz innesta sulle becche delle piccozze le alette in lega leggerissima appena realizzate dal suo sponsor Climbing Technology, che funzionano a meraviglia. In realtà il progetto è una derivazione migliorata di un'aletta concepita lo scorso anno assieme al nostro amico fabbro chaltenense Guido Grando, un artista dalle mani d'oro.




I passaggi non sono banali e mentre assicuro Franz uno strattone mi fa perdere l'equilibrio facendomi piegare su me stesso per non precipitare di lato. Ero assicurato ovviamente ma se tieni le corde con le mani e cadi, una facciata non te la leva nessuno, ma non é successo. Franz urla nella tempesta che è caduto, se non ce ne fossimo accorti, ma che non si è fatto niente, precisandolo immediatamente. Ridiamo in sosta e penso che questo ragazzo è un genio! Perché ha sempre sotto controllo tutti gli aspetti che servono a tenere il morale costantemente alto. Nelle stesse condizioni con altre persone meno positive si potrebbe definire la situazione drammatica o estrema, come va di moda tra gli incompetenti, ma invece lo spirito che per fortuna abbiamo ci tiene allegri e pure caldi, nel gelo, sapendo che le nostre forze fisiche e morali ci riporteranno al sicuro. 
Avere questa certezza sempre dentro di sé, contando sui compagni giusti, è meglio di qualsiasi polizza assicurativa ed è pure gratis! Questa la considero un poderoso pilastro dell'essenza dell'alpinismo, perché ti aiuta molto nel riportare la pelle a casa, mica roba da poco!
Le picche alate si ancorano alla perfezione lungo il mezzo tubo che Franz ha trovato sotto la cima e la vetta arriva da sola, inaspettata perché la visibilità è zero meno. 



Siamo caldi ora ma sappiamo che il freddo tra poco ci entrerà nelle ossa perché scendendo in doppia non si fa fatica ma facciamo a gara a recuperare le corde, unico esercizio fisico possibile adatto a scaldarci. Così siamo anche rapidi frenando la forza di gravità ma non troppo. Dopo la Brecha de los Sardos sembra di entrare in casa. Il vento cessa all'improvviso come se la porta aperta per sbaglio qualche ora prima si sia richiusa alle nostre spalle. E forse è davvero così.
Dalla cima la vista sarebbe stata di quelle esteticamente memorabili ma nessuno di noi lo dice né credo che lo pensi. Non siamo saliti lassù per il "vedere lontano" di bonattiana memoria. Non siamo conquistatori ma semmai apprezzatori di momenti che durano da quando ci svegliamo a quando stremati ci ributtiamo nel sacco a pelo posato sempre su terreni scomodi. Non sono condizioni che cerchiamo volontariamente ma sono quelle che inevitabilmente troviamo ogni volta, perché per la passione si è disposti a soffrire godendone. Alla faccia di chi non capirà mai.
Arrivati alla base nevischia e soffia aria fresca in ogni direzione. É l'effetto rotore della corrente occidentale che predomina. Nell'acqua e anice di una canzone di Paolo Conte che descrive la nebbia padana, ci infiliamo nel dedalo di crepacci da scendere con brevi calate e da risalire con docili picozzate sul lato opposto. Il rewind di quello fatto stamattina, solo che siamo un po' più stanchi. Teniamo premuto il tasto "play" perché la strada è ancora lunga e accidentata. Ghiacciaio Piergiorgio, Marconi, lago Marconi, colle dei muri, cascatella e...spiaggetta-plajita, sembrano luoghi ameni ma piove orizzontale. Diventa buio e il tasto play vorrebbe scattare verso l'alto, in posizione stop, come in un ormai vecchio mangiacassette. Ma lo teniamo premuto fino a ritrovare le tende inzuppate e con il telo ammollato dalla pioggia di tutto il giorno. Dopo che la zip è scorsa prima avanti e poi indietro possiamo premere NOI il tasto Stop e stavolta lo scoglio che mi preme sulle vertebre lombari mi aiuta a russare.


(la diagonale che corre da destra verso sinistra è la via aperta da Marcello)

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