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Gil, quell’euforico delle cime che quasi piangeva alla Trentapassi

L’atleta SCARPA ha vinto la gara a strapiombo sul lago di Iseo e racconta la sua passione per la montagna. Amo i sentieri tortuosi e scoprire nuove vie. I prossimi obiettivi, sportivi e di vita

Gil Pintarelli ha 37 anni e una malattia. L’euforia delle cime. Te lo dice dopo esser tornato a casa da una giornata magica passata con gli sci su un canalone a nord di cima Busazza, a più di tremila metri sul gruppo della Presanella. La sua giornata perfetta: passata a cercare vie selvagge, a provare nuovi percorsi. Forse più per emozionarsi che non per allenarsi. “Guarda, ho appena letto il libro di  Anne-Laure Boch che racconta il bisogno di superarsi, di confrontarsi con la montagna e le sue vette. Sembrava raccontasse di me. La frase finale è tutta mia: si lamentano solo loro che non avranno avuto l'euforia delle cime, che è la più bella delle ricompense”.
 

Ti piace proprio, la montagna, Gil. Ma cosa si prova a correrci dentro?
Sembra una cosa inutile, forse. Ma è una emozione fortissima. Arrivare in alto, arrivare al cielo. Non mi piacciono i sentieri semplici, ormai sull’asfalto non corro più da anni. Adoro la sfida, la gioia di chiudere una gara. È qualcosa che ho dentro, da sempre, che ti proietta verso l’infinito.

E a proposito di sfide, complimenti: hai vinto la Trentapassi su un percorso feroce, monti a picco sul Lago di Iseo. Come è andata?
Gli organizzatori lo avevano allungato di cinque, sei chilometri rispetto allo scorso anno. Una cresta in più. In molti, anche tra i primi, hanno sofferto e non mi vergogno a dire che c’ho messo cinque giorni per recuperare lo sforzo. Ma è stata una gara stupenda. Dall’inizio sono partito forte, ho gestito la sfida fino al vertical, quando siamo arrivati su, dove c’era il gonfiabile raggiungibile solo con l’elicottero. E poi mi sono buttato giù, verso la discesa.

 

Un momento epico, un precipizio tecnico prima della risalita. Le gambe giravano?
Io corro meglio in salita, ma l’adrenalina della discesa è tutta un’altra storia. Dovevamo salire per 1860 metri su un tragitto di 24 chilometri, quando è iniziato l’altro picco sono andato via veloce, mi sono reso conto che ero primo. Poi è iniziata di nuovo la discesa. Che fatica, non ce la facevo più.

 

Ma eri primo. Come hai retto la fase finale della gara?
Praticamente non mi son fermato neppure a bere ai ristori, tiravo su un bicchiere al volo e ne facevo cadere dieci. Non potevo mollare, non dovevo cedere. L’ultimo discesone, quello dei gradoni sull’asfalto, mi ha fatto piangere. Ma ce l’ho fatta. Spero sia l’inizio di una buona stagione, ho in mente di gareggiare su un circuito italiano di skyrunning, ma anche nella world series della federazione internazionale
 


 

Ma come si arriva a maggio preparati per queste sfide?
Io d’inverno mi tolgo le scarpe da running – per inciso mi alleno e gareggio con le Spin Rs e uso le Neutron 2 per i lunghi e i ritmi bassi – per dedicarmi allo scialpinismo. Quattro mesi di fila, in pausa pranzo metto le pelli e via, in salita. Fortifica i muscoli, è l’unico modo per correre in salita d’estate e non distruggere troppo i tendini.

 

Non deve essere facile trovare l’energia e la concentrazione per riuscire a restare al tuo livello…
Ma la verità è che io adoro la montagna. Per viverci, d’inverno lavoro da dipendente in uno spazio che affitta sci e d’estate noleggio e-bike a Val di Rabbi, a ottanta chilometri da Pergine Valsugana, in Trentino, di dove sono originario. Quando mi alleno mi diverto. Ogni passo è diverso dall’altro, ogni appoggio cambia, ogni momento è diverso. La mia vera passione è per la natura selvaggia, le discese tecniche, scoprire percorsi nuovi magari con una mappa.
 


 

Avrai pure un limite…
In effetti, al momento non riesco a immaginarmi sulle distanze lunghe, oltre i quaranta chilometri. Non sento ancora quella motivazione, ma vedo tantissime persone che le provano. Ma lo si dice sempre: i limiti sono fatti per essere abbattuti, vediamo cosa ci riserva il futuro.
 

A proposito di futuro, uno skyrunner del tuo livello cosa vede dopo i 40, 45 anni?
Sto facendo un corso per accompagnatore di media montagna. Sarà il mio modo per allungare la stagione, per portare delle persone ad esplorare nuovi posti, magari seguendo i trend della corsa veloce sui monti, a metà tra l’alpinismo e i trail organizzati. Perché, alla fine, l’energia che mi muove è sempre quella. L’euforia delle cime.

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