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Il Team Trail Running SCARPA si tinge di rosa

Giorgia Felicetti, Sara Mazzucco e Ilaria Veronese raccontano la corsa in montagna. “Il trail running in rosa? È meraviglioso”
Il trail running sport da uomini? Macché. Donne poco competitive sulle lunghe distanze? Non le avete viste in gara, allora. Il mondo dei trail si sta confrontando con un nuovo fenomeno, sempre più dirompente. La presenza di donne ai nastri di partenza. Fino a qualche anno fa, le skyrace sembravano un feudo per pochi folli, praticamente tutti uomini. A poco a poco, sono diventate fenomeno di massa, dove si rifugiano amanti dei monti e atleti stanchi dell’asfalto. Negli ultimi tempi, poi, le cime sono diventate teatro di epiche gare in rosa, con sfide nelle quali a volte la donna vince persino sull’uomo. Il caso di Silvia Rampazzo, capace di arrivare prima alla Camignada, ha fatto notizia a livello nazionale, anche su canali dove di solito, di trail running, non si parla proprio. Inaspettatamente, la corsa in rosa in montagna è diventata quasi una moda. Ed ecco cosa ne pensano tre atlete del Team SCARPA®.
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Giorgia Felicetti è nata nel 1998 a Campitello di Fassa, in provincia di Trento. Ma nonostante la sua giovane età ha già piazzato risultati impressionanti, tanto da averla portata, prima nello scialpinismo e poi nella corsa in montagna, a confrontarsi con le élite mondiali del settore. E ha maturato una certezza. “Nelle gare corte i maschi ci possono battere”, dice. “Ma in quelle lunghe, quando prevale la gestione mentale dello sforzo piuttosto che la potenza muscolare, allora noi donne sappiamo emergere. Non è vero che il trail running è uno sport per maschi”. L’altro mito da cancellare è quello della solidarietà rosa in gara. “Più atlete ci sono, più contenta sono: mi piace confrontarmi, mi piace la competizione”, dice ancora lei. “Se vedo donne che corrono più di me, le studio e cerco di non lasciarle andare via. Ma ovviamente se c’è un maschio a tirare più forte, seguo quello. Sapendo che sulla resistenza, alla fine, abbiamo qualche carta in più da giocarci”.



Sara Mazzucco invece di anni ne ha 19, è di Reveane di Ponte nella Alpi, nel Bellunese, ha appena finito il liceo artistico a Vittorio Veneto e adesso sta per affrontare l’avventura universitaria allo Iuav, indirizzo di interior design. Un’artista, dunque, non solo nella corsa in montagna. Essere donna e giovane, e amare il trail running: elementi non facili da tenere assieme. “Il sabato sera preferisco guardarmi il tramonto in cima ad un monte con selezionati amici che hanno le mie stesse passioni piuttosto che andare in discoteca”, racconta. “Sono molto selettiva, non mi piace la confusione. E l’amore per la montagna è una costante della mia vita, i miei genitori mi hanno portato ovunque, le Dolomiti sono praticamente casa mia”. Dunque, correre in rosa è anche questo: selezionare le compagne di viaggio. Sara, peraltro, di chilometri ne ha fatti tanti da quell’esordio, a 15 anni, quando ha corso i campionati italiani nella categoria cadetti. Il suo più importante successo è però di questa stagione, prima di categoria junior e quindicesima assoluta sui 17 chilometri con 1.300 di dislivello alla Südtirol Drei Zinnen Alpine Run. “Effettivamente adoro la competizione e l’agonismo, quando mi metto una cosa in testa la raggiungo”, dice lei. “E spero di continuare a lungo a vivere queste stupende avventure tra i monti”

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Dal Veneto al Piemonte cambiano paesaggi e storia, ma la passione per le cime e per la corsa in rosa è una costante. Ilaria Veronese ha 22 anni, studia Matematica e abita a Coazze, in Val Sangone, in provincia di Torino. L’euforia delle vette è un destino che le è toccato per merito dei genitori, appassionati di montagna, ma grazie anche ad un paio di cadute in bicicletta sulle strade ghiacciate. “Mio papà mi ha detto che sarebbe stato meglio se avessi provato lo scialpinismo, dopo tre anni mi è venuto naturale iniziare a correre”, racconta Ilaria, sempre impegnata tra studio e allenamenti. “Spesso devo allenarmi da sola, non riesco a convincere le mie amiche a provare a correre. All’università mi chiedono cosa ci trovi, in tutta questa fatica”. I risultati le danno ragione: quest’estate ha vinto l’Uyn Vertical Courmayer, un muro di 2.200 metri su 11 chilometri, in poco più di due ore. “Sono molto giovane nel mondo del trail running, ma vedo sempre più donne che partecipano alle gare”, dice. “E non capisco quelle che hanno paura di provarci. È uno sport di fatica, certamente. Ma la corsa in montagna è sinonimo di libertà, di contatto con la natura, di gioia. Per questo mi piacerebbe che sempre più donne provassero le emozioni che provo io”.
 
 
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