Gli atleti Scarpa Jordan Cannon e Jesse Huey, assieme a Matt Segal, sono andati in Pakistan per sei settimane, a cavallo tra luglio e agosto di quest'anno, per provare a ripetere la via.
"Ho scalato tanto a Yosemite, sono cresciuto accompagnato dalla storia delle grandi pareti del mondo. Cowboy Direct è una delle vie più iconiche, una pietra miliare nella storia dell'alpinismo. Pensate che per rendere omaggio alla via ed ai primi salitori, ognuno di noi aveva il suo cappello da cowboy! Avevo visto delle foto dei primi salitori con i cappelli su National Geographic. Questa via è sempre stata in un angolo della mia testa...non era per me un progetto concreto all'inizio, semplicemente sapevo che era là!" ci dice Jordan, giovane arrampicatore di Las Vegas, specialista di big wall.
"Si, diciamo che l'idea iniziale è stata di Matt Segal" prosegue Jesse, alpinista di Boulder, Colorado, appassionato di ogni disciplina, dall'arrampicata su ghiaccio e misto alle grandi pareti. "Io e Matt siamo amici di vecchia data, abbiamo scalato insieme per anni, supportandoci a vicenda in vari progetti. In primavera avevamo appena finito una nuova via sul Mt. Hooker, nel Wyoming. Quella via, cominciata durante la pandemia del 2020, era stata una mia idea, che Matt ha seguito con grande entusiasmo. Così, finito il progetto, Matt mi ha chiesto di aiutarlo per realizzare il desiderio che aveva nel cuore da una vita intera, quello di ripetere The Cowboy Direct. Mi ricordo quando vivevamo insieme, anni fa, aveva una foto della Torre di Trango attaccata sull'armadio. Io la notavo ogni volta che entravo in camera sua e lui mi diceva: "Un giorno ci andremo!". Quest'anno è arrivato il momento. Il motivo per cui Matt ci teneva così tanto, è che stava progettando questa spedizione anni fa assieme al suo caro amico Micah Dash, poco prima che quest'ultimo venisse fatalmente travolto da una valanga sulle montagne della Cina."
Jesse, perché non siete andati da soli voi due ed avete coinvolto anche Jordan Cannon?
"Dopo anni che arrampicavamo insieme, provare una big wall in libera in Himalaya era per me e Matt un grande obbiettivo, ci stavamo pensando da tempo. Sapevamo però che da soli non ce l'avremmo fatta. Così abbiamo pensato di coinvolgere Jordan, che con il suo talento per l'arrampicata, la sua grande esperienza, e soprattutto il suo entusiasmo per l'avventura è stato fondamentale!"
"E' stato un po' come chiudere un cerchio iniziato prima di me, realizzando il sogno di qualcuno che non c'è più, mantenendone viva la memoria assieme ai suoi amici." conclude Jordan "Sono passati più di dieci anni da quando, nel 2009, Matt e Micah stavano pianificando questa spedizione. Nel frattempo, nessun altro ci è riuscito."
Quindi avete iniziato con i preparativi
"Si, dice Jesse, Matt si è occupato di tutta la logistica con l'agenzia locale, e ha contattato un paio di spedizioni che l'anno prima erano state nella zona per prendere tutte le informazioni necessarie. Io ho preparato il materiale per l'alta quota, il cibo da mangiare in parete e l'attrezzatura per i bivacchi."
"Io invece, prosegue Jordan, ho organizzato il materiale da arrampicata, ho gestito l'ordine in parete, la risalita delle corde fisse e il sollevamento dei sacconi. Per fortuna però che arrivati al campo base Jesse ha regolato i ramponi sui miei Ribelle Tech 3...non avrei saputo da che parte cominciare!"
Come vi siete allenati?
Jordan: "Ho molta esperienza di big wall, su quello ero già ben allenato. Ho camminato molto a Red Rocks, ho fatto boulder in palestra e arrampicata sportiva, e anche alcuni concatenamenti di vie facili in solitaria per passare molte ore in montagna. Volevo essere sicuro di avere la giusta resistenza, pur mantenendo il livello di arrampicata sufficientemente alto per arrampicare in libera i passaggi più duri della via, che arriva al 7c+. Abbiamo anche dormito per 6 settimane in una tenda iperbarica, per arrivare in Pakistan già il più possibile acclimatati."
Jesse: "E' vero! Non è stato così bello passare le ultime settimane prima di partire dormendo dentro una tenda in casa...anche a mia moglie non è piaciuta questa cosa!
Io mi sono allenato più che mai per questa spedizione. Ho fatto trave, pesi, ovviamente mantenendo sempre alto il volume di arrampicata. Ho preparato le gambe per le lunghe camminate con i sacconi sulle spalle, portando in giro zaini da 20kg. Due mesi prima di partire ho raddoppiato i miei allenamenti di arrampicata, svegliandomi tutti i giorni alle 5.30. Volevo scalare ogni giorno, prima di andare a lavoro, almeno 6-8 tiri, dei quali almeno 4 sopra il sopra il 7a. Se uno guarda le foto sul mio profilo Instagram pensa che io sia solo un alpinista professionista, ma in realtà ho uno studio e lavoro come geometra!"
Qualcuno aveva mai provato Cowboy Direct prima di voi? Perché questa salita è così difficile?
"Scalare in libera sulla Torre di Trango è molto difficile" dice Jordan. "È un sogno per molti alpinisti, perché questa parete ha fatto la storia dell'arrampicata in alta quota, la roccia è di qualità eccezionale e l'arrampicata superba. Tuttavia il maltempo imperversa spesso, la parete è in cattive condizioni per la presenza di neve o ghiaccio.
Ci sono poi i problemi legati alla scarsità di ossigeno ed ai disturbi intestinali che sempre in agguato in Himalaya. Penso che nessuno abbia provato seriamente la via in libera. Forse qualcuno è salito in stile alpino in cima."
"Si, prosegue Jesse, una cordata ha provato anni fa ma si sono arenati dopo il primo tiro. Hanno deciso di andare a provare Eternal Flame, che è al sole per la maggior parte del giorno e quindi in qualche modo più amichevole"
Sarà anche più amichevole, ma è stata salita in libera per la prima volta nel 2009, e poi tentata molte volte e ripetuta l'anno scorso da Jacopo Larcher e Barbara Zangerl dopo diversi tentativi! Per voi era la prima volta in Pakistan?
"Per me e per Matt era la prima volta in Pakistan. Per me è stata anche la prima spedizione, la prima volta che scalavo in quota. E per la verità era anche la prima volta che facevo qualcosa di serio di ghiaccio e misto!" Ride Jordan.
Jesse invece si fa un po' cupo: "Ero andato in Pakistan nel 2013, ma ci sono restato meno di una settimana. Quell'anno c'è stato un terribile attacco terroristico al campo base del Nanga Parbat, che ha lasciato 11 vittime. Ho deciso di tornare a casa, mentre i miei compagni Raphael Slawinski e Ian Welsted hanno portato a termine la prima salita del K6 West, vincendo il Piolet d'Or. Quest'anno era la mia quarta spedizione in Himalaya, ma le mie aspettative erano abbastanza basse, viste tutte le incognite."
Come è stato quindi il vostro arrivo in Pakistan?
"Il prima possibile ci siamo diretti al campo base. Quando siamo arrivati il meteo era abbastanza buono, allora ci siamo attivati per fissare le corde in parete, portare su il materiale e preparare il nostro tentativo di libera.
Poi però il meteo è stato brutto, non abbiamo potuto fare altro che provarci, dare il meglio di noi stessi e sperare. Dei 12 giorni che abbiamo passato in parete, ne abbiamo avuti appena tre di bel tempo durante i quali abbiamo potuto scalare tutto il giorno. Per fortuna siamo riusciti a sfruttarli appieno: il primo giorno siamo saliti fino alla "Sun Terrace". Poi abbiamo avuto un giorno di bel tempo circa a metà, nel quale abbiamo mosso il campo fino a due terzi della parete, ovviamente appeso.
Infine il giorno nel quale siamo arrivati in cima."
Come ci siete riusciti? Qual è stata la chiave del successo?
Jordan: "Se siamo riusciti a salire la via è perché abbiamo sfruttato anche le piccole finestre di sola mezza giornata o anche appena qualche ora. La determinazione ci ha permesso di farcela. Non ci siamo mai lasciati abbattere, ci siamo sempre motivati a vicenda, scalando più che potevamo, ogni signolo giorno. A volte uscivamo dal sacco a pelo e dal portaledge anche solo per fare un tiro in più. Ogni sforzo era un piccolo passo verso la cima."
Jesse: "E' vero, la determinazione è stata la chiave. Ma anche l'amicizia. Tra noi si è creato un rapporto di amicizia stupendo, una sintonia fantastica: non ci arrabbiavamo quando finivamo fuori via, parlavamo apertamente quando qualcosa ci preoccupava, addirittura ci scaldavamo mani e piedi a vicenda sotto le ascelle prima dei tiri duri. Ci fidavamo l'uno dell'altro in tutto e per tutto. Questa amicizia, più che la salita, più che ogni tiro, ogni tramonto o ogni momento sulla via, è quello che non mi dimenticherò mai di questa spedizione!"
Pensate che tornerete sulle Torri di Trango?
Jesse: "Non penso. Siamo riusciti nell'impresa, tutto ha funzionato alla perfezione e abbiamo completato il nostro sogno. Ci sono così tanti posti del mondo che vorrei vedere e dove vorrei arrampicare! Non vedo l'ora di tornare in Pakistan, ma magari in un'altra zona."
Jordan: "Chissà...è presto per pensarci. Sento che sono stato molto fortunato a tornare a casa dalla prima spedizione con il successo in tasca. Forse ci tornerò, magari per salire Eternal Flame, o magari, più ambiziosamente, per salire Cowboy Direct in giornata. Oppure non tornerò alle Torri di Trango perché andrò da qualche altra parte, chissà!"
Grazie per averci portati con voi in questa avventura!
Jesse: "No, aspetta, vi devo raccontare una storia:"
Ogni sera, in parete, mentre il vento e la neve battevano sulla tenda, cercavamo di sdrammatizzare un po' la situazione guardando alcuni episodi di una serie TV sull'iPad. In una scena c'è Ted Lasso, il protagonista, che gioca a freccette con l'odioso proprietario del birrificio. Dopo alcuni lanci sbagliati, il proprietario pensa che Ted non sia capace, e Ted lo sfida. Nel round finale Ted spiega al propietario che ci sono sono due tipi di persone al mondo, quelli che giudicano e quelli che sono curiosi. Mentre si preparara per lanciare l'ultima freccetta Ted si ferma e spiega al proprietario che per qualche motivo le persone lo hanno giudicato e sottovalutato per tutta la vita. Lo guarda e gli dice: "Sai, se tu fossi stato curioso avresti chiesto: "Ehi Ted, hai mai giocato a freccette?" Al che io avrei detto: "ogni domenica, con mio padre al bar del paese, da quando avevo 7 anni."" Poi, con grande stile, Ted fa centro ed esclama: "Barbecue sauce!"
È il dodicesimo giorno in parete e dovrebbe essere il nostro giorno di vetta. Matt ed io siamo entrambi stanchi e abbattuti, dopo aver commesso alcuni errori di percorso e aver realizzato che dobbiamo cambiare direzione ancora una volta.
Matt scende alla sosta disarrampicando per 10 metri, perché non se la sente di fare alcuni movimenti impegnativi e poco protetti. Ci guardiamo, siamo entrambi esausti, sappiamo che non ce la possiamo fare. Jordan arriva alla sosta e sembra abbastanza fresco, ma ha fatto molto il giorno precedente, e pensa e spera di potersi riposare ancora un po'. Invece è chiaro a tutti che o Jordan prende il comando della cordata, oppure ci ritiriamo dentro il portaledge a dormire.
Io e Matt passiamo i ferri a Jordan, lui li posiziona lentamente e metodicamente all'imbrago. Fa tutto con una calma disarmante, mentre noi lo guardiamo increduli, perché sta venendo buio. Jordan parte per il tiro, da proteggere solo a friend grigi e viola, con i piedi completamente in spalmo. Prima di cominciare una sezione impegnativa si gira verso di noi, ci guarda e imperturbabile ci dice: sapete, le persone mi hanno sottovalutato per tutta la vita...
Quasi trenta metri più in alto, mentre sta tranquillo su un buon incastro di mano, dopo aver appena salito a vista uno dei tiri chiave della via, si gira verso il basso e ci urla "Barbecue sauceeeee!!"