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Kance…
Si, Kance, perché il suo nome per intero è quasi uno sciogli lingua ma il Kanchenjunga, con i suoi 8586m, è la terza montagna più alta del mondo dopo il K2 (8611m).
Si il K2 che mi ha regalato una seconda vita e che dal 2008 non ha più voluto nessun italiano in cima, là sopra dove l'aria è sottile e la vista infinita.
Torniamo al Kance. Chi mi ha parlato del Kance mi ha impressionato per la sua infinita grandezza.
Dopo 10 giorni di avvicinamento si giunge al campo base e lì l'imponenza e vastità di questa montagna fanno un po’ paura, ma restituiscono anche sensazioni molto positive.
Montiamo le nostre tende, la tenda cucina, la tenda mensa e dopo aver cenato mi perdo un attimo nella maestosità di questa grande montagna che racchiude in una lunga cresta ben 4 cime sopra gli ottomila metri. Tolgo i miei scarponi Rebel di SCARPA, carissimi amici di avventura, e una volta infilatomi nel sacco a pelo mi lascio andare nelle braccia di Morfeo in un sonno agitato, irrequieto, dovuto alla quota e al pensiero di questo grande e maestoso Kance.
Dopo giorni di duro lavoro, per attrezzare il seracco e per acclimatarsi, la tanto attesa finestra di bel tempo arriva...
È ora, si parte, via su su per quella via ormai conosciuta centimetro per centimetro. Il vento ci tiene bloccati per due giorni a 7000 m, ma teniamo duro.
È sera, dopo aver sciolto un po' di neve beviamo e ci prepariamo per il tentativo di vetta. I miei Phantom mi rendono sereno.
Dopo l'amputazione ho sempre paura del freddo, ma i miei amici Davide e Simone hanno creato uno scarpone speciale... ormai sono a quota 8450 m., manca poco, molto poco, vedo i miei colleghi pestare la cima ad occhio nudo... Siamo in cima, quasi in cima ma il mio piede sinistro mi fa male.
Guardo Marco arrivare in vetta, e comincio a piangere come un bambino, piango e non smetto più. Ormai il duro, il traverso, il canale li avevo lasciati alle mie spalle, ma la vita è molto più importante di questa montagna, il dolore aumenta e ho paura di restare quassù, con gli occhi gonfi di lacrime scendo, scendo e scendo ancora e il dolore sta diventando insopportabile. Arrivo al Campo tre zoppicando, è ora di tornare a casa, Francoise e Emrik mi vengono incontro mi porgono la mano e mi danno da bere!
Grazie amici miei siete dei “bravi bocia” e con sorriso che nasconde le mie lacrime torniamo al base ringraziando il Kance che mi ha lasciato scendere.
Arrivederci Kance!