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Bine, lo scialpinista che imparò ad amare le vette volando con una tavola ai piedi

Entra nel team SCARPA® lo sloveno Bine Zalohar. Ecco la sua vita tra freestyle, la passione per il surf e un eterno viaggiare. “La montagna non ti imbroglia mai, per questo la amo”
Bine Zalohar ha gli occhi profondi di chi ha visto albe e tramonti nei luoghi più impervi del pianeta. Ha vissuto la vita di chi per amore sfida il destino sciando su pareti quasi verticali e per passatempo lotta contro le onde gigantesche degli oceani da surfista. Si è temprato sulle montagne della Slovenia, sua patria. È infatti nato a Kranj, paesello noto per l'aeroporto che sorge nelle vicinanze e per le montagne che si vedono ovunque: sono le Alpi di Kamnik, ma anche le spettacolari Alpi Giulie e Caravanche. "Io scrivo Alpi solo con la A maiuscola", ripete sempre agli amici. "Sono il mio habitat naturale e la mia forza, le amo per il loro calcare chiaro, per le loro vette affilate e per la loro purezza". Guida, scialpinista professionista, noto a livello mondiale per le sue abilità da freestyle, è un concentrato di energia e gioia di vivere. E adesso entra nel team SCARPA®.
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Bine, andiamo con ordine. Come è decollato il tuo rapporto con la montagna?
"Ad esser sincero ho iniziato a sciare tardi, avevo già finito il Liceo. Poi è arrivato il colpo di fulmine, il freestyle. Ho gareggiato a livelli altissimi per 11 anni. Mi piace molto questo sport, mi sento a mio agio con l'equilibrio, i salti, volare nel vuoto: riesco a gestire il mio corpo senza problemi in queste situazioni".

Poi però è arrivato quell'infortunio.
"Mi sono fermato fino al 2013, quando ho deciso di dare una svolta alla mia vita e mi sono dedicato allo scialpinismo, che mi permette di viaggiare in luoghi remoti e di mantenere alto il livello di adrenalina, come quando volavo sulla tavola".

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Nel corso della tua carriera hai avuto la possibilità di vedere i monti di mezzo mondo. Dove hai lasciato il tuo cuore?
"In Giappone le montagne di Hokkaido sono spettacolari, il gruppo vulcanico Daisetzusan ti toglie il fiato. Ma non posso dimenticare il periodo passato in Cile, nel 2012, per un film al quale stavamo lavorando. Anche se devo dire che per me tutto il mondo è stupendo: basta che io possa sciare e stare con le persone che nutrono il mio stesso amore per la natura. E poi: come potrei dimenticare Chamonix o le Dolomiti?".

Entrando nella tua vita da scialpinista, quale è il percorso che ti ha emozionato di più?
"Credo sia stata la linea che abbiamo ribattezzato "Il lupo che ulula". Nel 2012 ho aperto con Matevž Maček e Mathieu Imbert una nuova linea nelle Alpi Giulie occidentali. L'ombra della parete rocciosa sopra di noi sembrava un lupo che ululava alla luna, così abbiamo voluto chiamare quel tracciato qualche giorno dopo. Ricordo ancora i brividi di quei momenti".

E la via più difficile tecnicamente?
"Sicuramente il pilastro nord di Skuta in Slovenia (5.3, D, E3 300m / 1300m). Era l'ultima volta che sciavo con Davo Karničar. Il maestro e la leggenda dello sci: la linea era esposta, le condizioni non erano le migliori e il ritmo era super veloce. Ma ce l’abbiamo fatta”.

Ma come fai a realizzare avventure tanto pericolose?
"Ho dovuto lavorare a lungo sulla mia mente e sulla mia resilienza psicologica: infortuni, solitudine e dolore non mancano mai. Ma se sai sviluppare la tua forza mentale riesci a reagire in qualunque situazione”.

E in tutto questo non hai mai smesso di amare la montagna?
“Come potrei? È l’unico luogo dove davvero riesco a tirare fuori le mie emozioni più profonde. Sulle vette è tutto onesto e corretto, non ci sono imbrogli: c’è solo la natura che ti fa inginocchiare di fronte a sé stessa. Tu la devi conoscere e rispettare, lei ti ripaga con la bellezza più sublime che l’uomo possa vedere”.
 
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