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L’anello di Francesco, la liquirizia di Chiara e il braccialetto di Stefano, ecco lo zaino degli atleti all’Utmb

Materiale obbligatorio, certo. Ma anche qualche portafortuna per affrontare la sfida dove la resilienza è protagonista

“La resilienza, in metallurgia, è capacità di resistere alle forze, rappresenta il contrario della fragilità. Così anche in campo psicologico: la persona resiliente è l’opposto di una facilmente vulnerabile”. Così Pietro Trabucchi, psicologo della nazionale di ultramaratona e della squadra olimpica italiana di sci di fondo spiega nei suoi trattati la caratteristica più importante che un ultrarunner deve avere. “La parola viene fatta derivare da "resalio", che connotava il gesto di risalire sull’imbarcazione capovolta dalla forza del mare”, spiega ancora Trabucchi. “In psicologia, definisce l’atteggiamento di chi va avanti senza arrendersi, nonostante le difficoltà”.

E serve partire da un concetto astratto per spiegare quello che capita nei corpi e nelle menti degli ultrarunner che correranno la prossima Utmb.
Perché per resistere ad avventure sui monti che durano anche due giorni di fila serve avere fibre muscolari d’acciaio e un cervello brillante come il diamante. Ma la resilienza fisica e mentale non basta. Perché se poi piove e non si ha l’adeguata impermeabilizzazione nella giacca o se la temperatura scende sottozero e manca qualcosa per coprirsi, allora si sarà costretti a cedere in ogni caso. Per questo, lo zaino deve essere completo. Non vogliamo sostituirci agli organizzatori proponendo l’elenco del materiale obbligatorio (qui le info). Ma siccome sarà un’avventura – ne abbiamo scritto anche qui -, abbiamo chiesto ad alcuni degli atleti SCARPA® cosa porteranno con sé.

C’è ad esempio Francesco Fazio, padovano che nella vita è tecnico informatico. “Io temo sempre di restare senz’acqua, per questo ho la mia riserva”, dice. “Ma anche il freddo e la pioggia possono essere difficili da affrontare: impermeabili in gore-tex, un paio di calzini di ricambio, dei pantaloni impermeabili che se le gambe si gelano di blocca tutto il motore. Ma non dimentico mai il mio portafortuna, l’anello che mi ha regalato la mia compagna, Cristina. Lo porto sempre al mignolo”.

Anche uno dei più forti atleti italiani di corsa in montagna, Stefano Fantuz, ha il suo portafortuna per le gare importanti. “Nello zaino a volte metto un braccialetto regalatomi dalla mia fidanzata, ha dei simboli importanti”, confida lui. “Ma lo uso solo nelle gare decisive della stagione, non voglio banalizzarlo. Ma ad esser sincero ho tanti altri riti scaramantici: mangio sempre le stesse cose, controllo lo zaino in modo maniacale. Se posso dar un suggerimento per l’Utmb serve far attenzione al meteo, spesso nevica in alta quota. Io cerco di portarmi via sempre le cose meno pesanti, ma in questo caso non si deve badare ai grammi per giacche e guanti”.

Da un campione a Chiara Pinarel, ex ballerina ora convertita al running, che ha invece una sua personale “droga”. “Porterò con me tutto il materiale obbligatorio, ovviamente”, racconta. “Ma quando affronto sfide di questo genere nello zaino tengo anche le caramelle a forma di rotellina alla liquerizia e qualche altro cibo-schifezza, anche se attendo sempre con ansia la Coca Cola ai ristori. E non dimentico mai di indossare qualcosa che mi ricordi la mia famiglia, li voglio portare sempre con me nei viaggi”.

Chi non lascia nulla al caso è invece Emilio Vellandi, commercialista trevigiano di 50 anni. Prima di affrontare l’Utmb ha deciso di camminare su tutto il percorso per quattro giorni, fermandosi a dormire ai rifugi. “Ho sofferto tanto il freddo, per questo mi porterò via anche un piumino aggiuntivo”, dice lui. “Ma voglio avere con me sempre una scorta alimentare sufficiente a portare a termine la gara. Adoro i brodini dei ristori, ma se ho tutto con me mi sento più sereno”.

Un altro appassionato degli snack è Luca Sovilla Cranner. “Mi porto via pochi gel, ma almeno un piccolo snack ogni ora di gara. I miei preferiti? I Bounty o i Twix. Ma nelle gare lunghe nello zaino trovo lo spazio anche per dei tramezzini che taglio a “bocconi” e che mi mangio ai ristori. Ovviamente tutto chiuso in sacchetti ermetici. Ah, dimenticavo: in casi estremi possono servire anche un paio di Oki, un valido aiuto contro i dolori. E il resto sono le attrezzature che impongono i regolamenti”.

Dunque, ognuno avrà con sé tutto quello che gli sembrerà necessario per arrivare, infine, a meritare il riconoscimento di “finisher”. L’importante, per citare ancora Trabucchi, è saper affrontare le difficoltà e gli altri eventi negativi che ineluttabilmente si incontreranno. Che se nello zaino dovesse mancare qualcosa, bisognerà trovare il modo per farsene una ragione e proseguire a correre. “L’individuo resiliente è un ottimista e tende a leggere gli eventi negativi come momentanei e circoscritti”, scrive Trabucchi sul suo sito. “Tende a vedere i cambiamenti come una sfida e come un’opportunità e di fronte a sconfitte e frustrazioni è capace di non perdere comunque la speranza”.

Lo zaino insomma conta, ma fino ad un certo punto se poi la mente crolla. Che aggiungere allora se non buon viaggio agli eroi dell’Utmb?

 

 

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