Alan Turing fu una leggenda del running. Di professione matematico, durante la Seconda Guerra mondiale riuscì a decifrare le comunicazioni in codice dei tedeschi con un macchinario di sua invenzione. Ma Turing fu anche runner dai risultati eccellenti, tanto che sfiorò la partecipazione alle Olimpiadi sulla maratona. Matematica e sport, peraltro, sono un sodalizio che travalica il tempo e lo spazio: distanze, battiti cardiaci, dislivelli. Tutto è statistica, tutto è analizzabile. Ebbene, l’epico confronto tra numeri e sudore ha trovato adesso una nuova interprete: Ilaria Veronese. Classe 1996, ha appena vissuto la stagione della svolta tra i senior dello scialpinismo: una magica vittoria alla Transcavallo e ottimi piazzamenti nelle gare dei grandi. Ci siamo fatti raccontare la sua stagione d’oro.
Ilaria, raccontaci il tuo segreto. Nessuno si aspettava risultati tanto buoni…
“In verità, neppure io ci credevo. La stagione è iniziata con la vittoria nella vertical tra Ponte di Legno e Passo Tonale. Era metà dicembre: sono andata bene anche nello sprint e nella staffetta. Così, mi si sono aperte le porte per il circuito di Coppa del Mondo. Non ero mai arrivata nelle prime dieci in vita mia, almeno tra i senior: in Francia ad Aussois il 23 febbraio all’esordio sono finita settima, che gioia”.
Ma era solo l’inizio. Quarta in Andorra (25/26 gennaio) sia nell’individual che nel vertical. In Germania a Berchtesgaden (7/8/9 febbraio) quarto e sesto posto.
“La stagione è andata davvero bene. Resta l’amaro in bocca per aver sempre sfiorato il podio, ma sarà da stimolo. Puntavo agli europei e prima ancora ad un buon piazzamento a Madonna di Campiglio, ma gli eventi sono stati annullati. L’anno prossimo ci riproverò sicuramente”.
Magari ripartendo nuovamente dalla Transcavallo, lì eri finita sul gradino più alto del podio con Alba De Silvestro.
“Doveva essere la preparazione per la Pierra Menta, si è trasformata in un trionfo. Devo ringraziare Alba, è stata magica. Lei ha molta esperienza nelle corse a tappe, mi ha aiutato a gestire la gara anche quando non sapevo cosa fare. Tecnicamente è una maestra: trovava le tracce migliori sui terreni, se fossi stata io ne avrei sbagliato almeno la metà”.
Prima hai glissato, riproviamo: qual è stato il segreto di questa annata?
“Credo solo di esser stata fortunata. Non ho cambiato di molto gli allenamenti. Ma sono stata attenta a non sovraccaricare per non infortunarmi. E quando mi sono ammalata, era lontano dalle gare. Ho imparato questa lezione: se si sta attenti a recuperare e si ascolta il proprio corpo, poi i risultati arrivano”.
E magari ti permettono di decidere se ami di più la corsa o lo scialpinismo. Che stagione estiva ti attende?
“Al momento, considero la corsa una sorta di diversivo per preparare la stagione invernale, un buon allenamento complementare allo sforzo di cui ha bisogno lo scialpinismo. Adoro correre, questo è certo. E in particolare amo i luoghi dove vivo”
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Abiti a Coazze, un paese della Val Sangone, in provincia di Torino. Che rapporto hai instaurato coi monti?
“La prima parola che mi viene in mente è libertà. Quando sono immersa nella natura riesco a ritrovare me stessa, a staccare completamente la spina e a rilassarmi. Il mio sogno sarebbe trovare un lavoro che mi permettesse di vivere a contatto con le vette, sacrificherei anche la laurea pur di riuscirci: non credo potrei creami una quotidianità in città”.
Ilaria, la matematica che vagava per i monti. Potresti diventare così?
“(Ride, ndr). Speriamo piuttosto di finire presto gli esami, con le gare invernali ho un po’ rallentato lo studio. Ho già portato a casa la triennale, adesso sto frequentando la magistrale nel percorso dedicato alla didattica. A volte penso che se non facessi sport in montagna, non studierei neppure. Rilassarmi con una sciata mi aiuta a ritrovare la concentrazione. E tante volte, quando non riesco a risolvere un problema, mi metto le scarpe e scappo a correre. La mente lucida, l’aria fresca, le endorfine. Come in un bagliore, è allora che capisco dove sbagliavo. Anche per questo, senza montagna non vivrei”.
Credits: Maurizio Torri