La prima ora passa lenta come sempre. Sembra quasi di essere in un’altra dimensione. I piedi si muovono da soli sul nevaio, sempre con lo stesso ritmo. Gli occhi vedono solo il cono di luce della lampada frontale e la mente vaga tra i pensieri più disparati. O a volte tace. È quasi una sorta di meditazione. Ed eccoci al colle, con il cielo che si tinge di rosso. Proprio quello che avevo immaginato l’anno scorso passando di qua. Ci leghiamo e Simone attacca il primo tratto di cresta, il terreno richiede attenzione (una caduta sarebbe disastrosa) ma non è difficile e ci permette di procedere spediti. Si procede in conserva, utilizzando per lo più spuntoni come protezione. Qualche volta un friend o una fettuccia, rinviando qualche chiodo sui tratti più impegnativi.
Ci fermiamo di tanto in tanto quando vedo l’opportunità per una buona foto, giusto il tempo di scattarla e poi via di nuovo, con passo lento ma regolare. Dopotutto la cresta è ancora lunga, con molti saliscendi, noi siamo poco allenati, ancor meno acclimatati e per il pomeriggio è previsto un temporale, quindi non c’è troppo tempo da perdere.
Usciamo dalla cresta con le nuvole che iniziano ad abbassarsi e il vento che aumenta. Sarebbero ancora 10 minuti di nevaio facile per andare in cima, ma entrambi ci siamo già stati e il meteo peggiora, quindi tiriamo dritti verso valle. Non vale la pena rischiare di finire in un temporale. Perché la vetta è un optional, ma tornare giù è obbligatorio.
Credits: Paolo Sartori