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OLI FRANCE: DEATH VALLEY-DENALI

Oli, complimenti per aver portato a termine questo enorme progetto!
Raccontaci brevemente chi sei, come sei arrivato fino a qua.

"Mi chiamo Oli France, ho 33 anni e sono un avventuriero e leader di spedizioni. Vivo in Lancashire, Inghilterra. Mi sono specializzato nel condurre viaggi in zone remote e ostili, come Iraq, Syria, Somalia, Congo, Siberia e Yemen. Ora sono appena tornato da un viaggio di 64 giorni nel continente americano. Sono andato, in bicicletta ed a piedi, dalla Death Valley fino in cima al Denali, collegando il punto più basso ed il punto più alto del continente senza utilizzare mezzi meccanici!"

 

Cos'è che rende per te "grande" un'avventura?

"Le grandi avventure per me sono quelle che mi portano a viaggiare attraverso paesaggi sconfinati, incontaminati, lontani da tutto e tutti, dove passano pochi viaggiatori. E poi devo dire che, anche se provo a pianificare sempre al meglio le mie spedizioni, una vera avventura deve per definizione fronteggiare dei rischi e delle incertezze.
Se il risultato è certo, se non sono presenti rischi, incertezze e difficoltà, non penso che si possa parlare di avventura."



 

Cosa vuol dire esplorare?

"Io credo che l'esplorazione differenzi l'essere umano dagli altri animali.
Come specie siamo naturalmente portati ad essere curiosi ed esplorare l'ignoto. Al giorno d'oggi la società moderna ha iniziato ad esplorare in nuovi modi e con altri mezzi: penso per esempio all'ingegneria, le scienze, l'intelligenza artificiale.
C'è ancora qualcuno però, ed io tra questi, che ricerca avventure vere in posti selvaggi. È sempre stato difficile per me spiegarne il perché. L'avventura mi attrae, come se fosse una forza magnetica. È un istinto che provo ad assecondare. Là fuori mi sento felice, completo, realizzato.
Per questi motivi negli ultimi 15 anni ho viaggiato in posti sempre più grandi e selvaggi."
 

È ancora possibile esplorare il mondo nel 2024? Come?

"Sono convinto di si.
Credo che per esplorare il mondo ai giorni nostri dobbiamo essere ancora più creativi con le idee e con i progetti. Ovviamente trovare posti nuovi e sfide stimolanti è sempre più difficile. Io sono andato in paesi che vedono davvero pochi viaggiatori, come Iraq, Yemen o Congo. In questi posti ci sono stati pochi avventurieri perché la situazione politica travagliata non garantisce molta sicurezza. Ultimamente invece mi sono rivolto a luoghi più grandi, dove la natura è ancora potente e selvaggia, come l'Alaska. Ci sono ancora tanti posti dove andare, basta cercare bene!"
 

Cosa pensi della tecnologia? È uno strumento che aiuta gli esploratori oppure è qualcosa che uccide l'avventura?

"È un equilibrio molto delicato.
Nei miei primi viaggi, un po' di anni fa, non usavo alcuna tecnologia, nemmeno un telefono cellulare. Me ne stavo semplicemente fuori dal mondo per intere settimane.
Con i sistemi satellitari, al giorno d'oggi è quasi sempre possibile essere collegati con il mondo esterno, se lo vogliamo. Ho sempre cercato di limitare l'uso della tecnologia. Quando sto attraversando un posto selvaggio, mentre vivo il momento presente al massimo, sento che il contatto con l'esterno interromperebbe la magia di quell'esperienza così grezza e naturale. Se utilizziamo troppo la tecnologia perdiamo l'essenza dell'avventura."


 

Oltre ad esplorare il mondo "per i fatti tuoi" lavori anche come organizzatore e conduttore di viaggi-avventura. Ci sono differenze tra l'Oli viaggiatore e l'Oli leader di spedizione?

"La differenza più evidente per me è sul piano della sicurezza, sul livello di rischio accettabile. Quando sono a capo di una squadra, mi muovo all'interno della mia comfort zone, mentre quando sono da solo provo a spingermi un po' più in là.
Mi piacciono però entrambe le cose. Come leader devo saper prendere le decisioni giuste, valutando la situazione ed i rischi di continuo, mentre la squadra si muove ed ogni componente deve sempre essere in sicurezza."
 

Veniamo alla tua ultima spedizione, dalla Death Valley al Denali. Come è andata?

"Era un'avventura che sognavo da circa dieci anni, e ci ho messo 18 mesi a prepararla. Sapevo che avrei dovuto spingere il mio fisico al limite, dando il massimo ogni giorno per diverse settimane di fila. Dovevo essere perfettamente in forma, pronto a prendere le decisioni giuste e fronteggiare pericoli continui e diversi.
Come mi aspettavo, è stata davvero dura: fisicamente, mentalmente e logisticamente. Per i primi 41 giorni sono stato da solo, senza alcun supporto esterno. Ho pedalato per 3500 miglia, attraversando alcuni tra i luoghi più remoti del Nord America. Ho incontrato tantissimi animali, orsi compresi, e attraversato ogni tipo di clima: dal sole scottante alle tempeste di neve.
Per la parte di montagna, ormai vicino al mio obiettivo finale, mi sono mosso assieme ad una squadra scelta con cura. Per otto giorni abbiamo trainato le nostre slitte fino a raggiungere il campo base del Denali (dove il 99% degli alpinisti arriva di solito in aereo).
Abbiamo dovuto attraversare fitte boscaglie, torrenti ghiacciati, crepacci enormi, e abbiamo evitato per fortuna diverse grandi valanghe. Piano piano ci siamo avvicinati a quella che è una delle montagne più fredde sul pianeta, costantemente sferzata dal vento e dalle tempeste di neve.

Non siamo mai stati veramente sicuri di farcela fino all'ultimo momento: nervi saldi, decisioni giuste e lavoro di squadra sono stati i nostri strumenti per il successo.
Finalmente, 64 giorni dopo la mia partenza dalla Death Valley, ero in cima.
Un'emozione pazzesca che non dimenticherò mai.
Non sentivo di aver conquistato la montagna, quanto piuttosto, di aver conquistato una parte di me."


 

La tua spedizione ha avuto molto seguito sui media. Perché, secondo te, le persone sono così interessate ad un esploratore?

"Considero la mia spedizione dalla Death Valley al Denali un viaggio personale, dentro me stesso. È stato molto bello vedere che altre persone hanno seguito il mio viaggio con entusiasmo ed anche l'interesse dei media. Penso che in generale siamo sempre curiosi di vedere gli altri mentre affrontano grandi sfide dal futuro incerto. Anche a me piace seguire altre spedizioni che non mi riguardano personalmente, ma magari mi motivano per un progetto futuro.Forse questa volta sono stato io la fonte di ispirazione per qualcun altro."

 

E adesso? Cosa ti aspetta?

"La spedizione dalla Death Valley al Denali in realtà è parte di un mio progetto più grande: "The Ultimate Seven", una sfida che mi terrà occupato per anni.
Vorrei diventare la prima persona a viaggiare solamente a piedi ed in bicicletta dal punto più basso al più alto di ogni continente.
Nel 2023 ho viaggiato per 1600 miglia in Africa. Quest'anno è toccato al Nord America e adesso mi rimangono altre 5 grosse spedizioni. La prossima sarà all'inizio del 2025 in Sud America. Insomma, per ora ho scritto solo i primi capitoli di questa storia.
È stato bellissimo, ma sento allo stesso modo che il bello deve ancora venire!"

Buona fortuna Oli!






📸 Aaron Rolph
​​​​​​​✍️ Giovanni Zaccaria
 
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