La mia prima esperienza invernale in questa regione risale al 2013. Quella volta, anche se sono riuscito in alcune prime ascensioni, per la maggior parte del tempo provare a scalare è stato impossibile. Il freddo, si sa, non è collegato solamente alla temperatura, ma dipende molto da due fattori: umidità e vento. Le temperature alla base delle montagne erano costantemente a -20°C e a causa del vento teso e un tasso di umidità elevato la percepita raggiungeva facilmente i -30/-35°C. In quelle condizioni, le uniche possibilità erano sciare o scalare su ghiaccio. Quest’anno invece, quando con Martin Castrillo siamo arrivati alla base della Aguja de la S (che i due sono riusciti a salire fino in cima, compiendo una probabile prima invernale, ndr.), anche se il termometro oscillava tra i -10° e i -15°, la situazione era diversa, vista la completa assenza di vento. Certo, non riuscivi a calzare le scarpette d’arrampicata e potevi togliere i guanti solo nelle sezioni più tecniche, ma potrei sbilanciarmi nel dire che si stava bene.
Il vento, comunque, se paragonato a inizio primavera è sicuramente meno violento e meno presente.
Scialpinismo, ghiaccio o alpinismo? Secondo te cosa è più bello fare e perché?
Alpinismo e sci alpinismo. Perché, se per ghiaccio intendiamo le cascate di ghiaccio, per vivere una bella esperienza di questo tipo direi che è meglio viaggiare verso il Nord America. A El Chalten e dintorni le più belle ascensioni di ghiaccio e misto sono quelle che trovi in montagna.
Lo scialpinismo invece offre molte possibilità. Grazie alla presenza di numerosi percorsi ancora da scoprire si possono vivere delle vere e proprie avventure: le possibilità superano di gran lunga le aspettative.
Avevi obbiettivi o ti sei lasciato trasporare dalle sensazioni del momento? Perché continui a tornare in Patagonia?
Gli obbiettivi li avevo eccome, ma appena arrivato mi sono dovuto adattare alle condizioni delle montagne e del meteo. Per certi versi ho vissuto gli stessi stati d’animo del 2013: sono partito convinto di poter riuscire in progetti molto ambiziosi, ma poi, sul campo, ho dovuto giocare una partita differente. Il freddo, la neve e il brutto tempo hanno ridimensionato tutti i miei piani. Eppure, anche se fa strano a dirlo, è proprio per queste difficoltà aggiunte che ho deciso di recarmi ancora in Patagonia. Il piacere di esser soli in zone dove, in estate, troveresti gli accampamenti stracolmi di persone e più cordate che possono essere impegnate sulla stessa montagna, non ha prezzo. L’inverno offre ancora le sensazioni e gli stati d’animo vissuti dai pionieri e, personalmente, quelle emozioni provate durante la prima salita della parete Nord Ovest del Cerro Piergiorgio.
Sei partito da solo: che idee avevi in testa? Cosa fare e con chi?
Ho sempre in mente una o due vie in solitaria, progetti che custodisco più per scaramanzia che per paura che qualcuno li porti a termine prima di me. Allo stesso tempo prendo seriamente in considerazione l'idea di tentare qualche prima ascensione invernale anche in cordata. Per questo motivo, prima di partire ho sentito anche quest'anno Martin Castrillo. Senza Martin molto probabilmente non avrei portato a casa nessun risultato.
Quali sono le emozioni che ricerchi in un luogo così?
Ricerco stati d’animo arcaici come la solitudine e situazioni di confronto tra essere umano e natura. Che mi aiutino a vivere un’esperienza dove, al centro, sono le emozioni a dare più o meno valore ai miei viaggi e alle mie scalate. La montagna e l’alpinismo sono un mezzo per crescere e comprendere qualcosa di più di noi stessi e non una competizione a chi arriverà primo.
Cosa succede a El Chalten in inverno?
L’inverno è il periodo del letargo turistico e per questo motivo fonte di opportunità per instaurare rapporti di amicizia veri e profondi con le persone che, nel corso del tempo, hanno deciso di trasferirsi in un paese che solo pochi anni fa non esisteva. Ho sempre guardato a El Chalten come a una comunità di nomadi che hanno trovato ferma dimora dove, prendendo in prestito le parole di Faber, “il cuore rallenta e la testa cammina”.
Ti sei mai sentito nel posto sbagliato al momento sbagliato?
Molte volte, però mai in montagna. Mai in Patagonia.
Che consigli daresti ad un alpinista che vuole andare in Patagonia in inverno, per scelta o magari perché riesce a prendersi un mese solamente ad agosto/settembre?
Gli consiglierei di affittare un pick-up, riempire il cassone con sci e materiale d’alpinismo, una tenda e un sacco piuma, e lasciarsi trasportare dal vento delle emozioni. Poche idee precise se non quella di vivere…
Ci sono secondo te dei buoni motivi, per gli escursionisti che vogliono andare in Patagonia, per andarci in inverno? Oppure i trekking non sono minimante percorribili?
La maggior parte dei trekking si possono percorrere anche in inverno e senza sci. Alle quote più basse la neve spesso viene a mancare e permette di camminare con un normale scarponcino da trekking. Una passeggiata all’alba, alla laguna Torre, con la luna piena che si tuffa alle spalle del Fitz Roy e del Cerro Torre, di per sé, vale una vacanza in inverno, in Patagonia.