Ormai si iscrivono tutti alla gara corta. Ci mettono più tempo ad arrivare alla linea di partenza, seduti in autobus, che non a correre sui sentieri. Ma anche questo è il Trail Monte Casto. Una gara di corsa in montagna che fa della goliardia un tratto distintivo e della gioia per chi corre un imperativo morale. E proprio per questo ogni anno un pullman di una cinquantina di persone parte dal Veneto, precisamente da Cornuda, nel Trevigiano, patria delle Due Rocche, per una trasferta lunga trecento chilometri di festa.
Un bus riempito da un gruppo di trail runner che pensa più al relax che alla sfida: sosta in autostrada con panche e tavoli per affettare soppresse e stappare bottiglie di vino in stile alpino, l’aperitivo appena arrivati in zona ritiro pettorali nel pomeriggio, la gara il giorno dopo e quindi il terzo, lunghissimo tempo prima del rientro a casa. “Fino a qualche anno fa venivano in Piemonte solo per la gara lunga, adesso preferiscono avere più tempo per divertirsi”, sorride Maurizio Scilla, 58 anni, l’uomo che da quattordici edizioni organizza il Trail Monte Casto, che quest’anno si corre il 27 ottobre a Andorno Micca, in provincia di Biella.
La novità dell’edizione 2019 rasserena i runner festaioli: le misure sono leggermente più corte. La gara madre diventa la 44 chilometri con 2.050 metri di dislivello da superare; ridotta a 20 chilometri con 850 metri di dislivello anche la sorellina; per famigliari e amici c’è sempre la passeggiata di nove chilometri. Un evento che ogni anno va sold out, gli 800 pettorali non bastano mai e quest’anno si prevede finisca di nuovo così, anche grazie alla collaborazione comunicativa di SCARPA®, che è sponsor di un evento davvero atipico nel panorama delle corse in montagna.
E il perché lo si è già capito dal pullman dei veneti. Scilla infatti ha fatto nascere questa gara per far conoscere la valle dove è nato, l’ultima del Piemonte prima della Valle d’Aosta. Ma anche per divertirsi. Ecco ad esempio il logo, un pinguino goffo disegnato apposta per l’evento. “Tutti mettono stambecchi e camosci, a noi piace andare in controtendenza”, sorride “Mau”. C’è poi il ruolo delle scope, tanto temute dai runner più lenti: al Casto sono vestite in stile carnevalesco, ogni anno cambiano d’abito. “Meglio ridere che piangere quando hai le gambe a pezzi”, questa la filosofia proposta dagli organizzatori. Gli atleti d’elite non mancano, ovviamente. Ma prima di tutto è un evento popolare. “Dovessi scegliere tra Kilian Jornet e quell’autobus di veneti, io sceglierei sempre e solo la coriera”, ripete Scilla agli amici sillabando una sola “r”, come d’abitudine nel dialetto veneto.
Il resto è il racconto di una natura incontaminata e meravigliosa, che però sul finale di ottobre non sempre è sorridente: ci sono stati anni con neve in quota a mille metri. La scorsa edizione, poi, è diluviato tutto il giorno e si sono dovuti modificare dei tratti per evitare che qualcuno venisse portato via dalla corrente dei torrenti in piena. Dopo circa 20 chilometri si raggiunge l'Alpe Scheggiola: qui il trailer Aldo Cacciati delizia gli atleti con polenta, salsiccia e un bicchiere di rosso. I passaggi mozzafiato poi non mancano, e restano tali anche se piove. A metà gara c’è il rifugio Piana del Ponte, in fondo alla Valle Sessera: durante la gara si riempie di escursionisti e appassionati che fanno il tifo. Poco dopo ci sono anche le baite dell’Artignaga. Un gruppo di costruzioni in pietra, riservate agli alpeggi. Ci si arriva in salita, dopo una pineta: l’apparizione è meravigliosa. L’attenzione del mondo mediatico non manca, tanto che un anno da queste parte sono arrivate persino le telecamere di Al Jazeera per riprendere la corsa per un programma di bambini. Perché, chi più di un bambino può capire che la corsa è solo divertimento? Benvenuti al Monte Casto, dove il trail running diventa festa.
CREDITS: FRANCESCO BERLUCCHI