Non poteva mancare la presenza di qualche Ragno di Lecco.
Gli alpinisti italiani sono storicamente legati a questa terra, che vede maglioni rossi con il ragno nero al braccio da più di mezzo secolo.
Matteo Della Bordella,
in cordata con Sean Villanueva e Leo Gheza, ha aperto "Qué miràs, bobo?" una nuova via di 500mt, fino al 7b, sulla Aguja Mermoz. Circa una settimana più tardi, i due italiani hanno compiuto una rara ripetizione della traversata "Care Bear", toccando in due giorni e mezzo le cime di Guillaumet, Mermoz, Pilastro Goretta e Fitz Roy. Più di duemila metri di arrampicata. Anche se avevano ancora cibo ed energie, e sicuramente stavano strizzando l'occhio alla prima ripetizione della traversata integrale del Fitz Roy, la conferma meteo dell'imminente arrivo del maltempo li ha fatti scendere in paese. Tre giorni incredibili in montagna, e poi via a casa, senza correre rischi inutili. Durante le altre brevi e "sporche" finestre di bel tempo, Matteo ha salito, con altri amici, Guillotina e Rayo de Luz sulla Aguja Guillaumet. "Ancora mi sorprendo, dopo molti anni che vengo in Patagonia, di come queste montagne riescano ad offrire un mix perfetto di avventura, scalata in fessura di qualità ed ingaggio alpinistico."
Luca Schiera,
un altro Ragno, si è legato con lo svizzero Roger Schaeli. Hanno scalato due terzi della Ferrari alla Mermoz, prima di calarsi per il brutto tempo in arrivo. I due hanno poi concatenato Guillaumet e Mermoz, esplorando una goulotte sulla parete est.
Sean Villanueva
intanto si è dedicato, assieme a Pete Whittaker, a scalare alcune vie aperte di recente ("Yacaré" sulla Rafael Juarez e "Anda p'alla!" sulla Guillaumet), ma delle quali mancava la salita completa in arrampicata libera.
Mancava si, prima che Sean passasse di là!
Colin Haley,
altro big della Patagonia, fresco della solitaria invernale alla Supercanaleta al Fitz Roy, si è legato con i giovanissimi Pedro e Tomas Odell. I due fratelli argentini fanno parte della prima generazione di alpinisti nati e cresciuti a El Chalten. Un bel passaggio di testimone tra la vecchia guardia e le nuove promesse. "Per la prima volta mi è capitato che la somma degli anni dei miei compagni di cordata (19 e 17) fosse inferiore alla mia età (38). Temo non sarà l'ultima!"
Colin ha poi tirato fuori tutta la sua esperienza e la voglia di mettersi in gioco, salendo la via di Renato Casarotto al Fitz Roy. La prima salita era stata compiuta dal vicentino nel 1979, in solitaria, e dedicata alla moglie Goretta. Il fuoriclasse americano ha ripetuto la via nello stesso stile dell'apritore, ovvero in solitaria. "Penso sia la prima salita solitaria della via in stile alpino. È stata una bella sfida, della quale vado orgoglioso. Mi sono assicurato praticamente sempre, il che ha tolto lo stress dell'arrampicata free-solo, ma è stato fisicamente estenuante per tutto il lavoro con le corde ed i carichi pesanti che una solitaria così lunga e complessa comporta."
Assieme a Tyler Karow, Colin ha poi tentato una salita in velocità di "El Corazon", una big wall sulla gigantesca parete est del Fitz Roy. Anche se i due non avevano a disposizione una finestra meteo sufficientemente buona e lunga, hanno deciso di provarci lo stesso. Ce l'avevano quasi fatta, ma dopo ore di scalata "fast and light" sono stati sorpresi da una bufera improvvisa a quattro tiri dalla cima. Si sono quindi dovuti calare di notte, arrivando a terra alle 9 di mattina dopo una delle ritirate più epiche e rischiose della loro vita. Al vento patagonico non interessa quanto esperto o preparato tu sia, ti prende a schiaffi comunque.
Alessandro Baù,
Un'altra impresa "one push" notevole è stata portata a termine assieme a Francesco Ratti e Claudio Migliorini. Dopo aver ripetuto la classica e stupenda via di fessura "Pilar Rojo" alla Mermoz, i tre italiani hanno poi aperto una nuova via: "Wake Up!" sulla Cima Sud della Guillaumet. 450 metri di arrampicata, per 32 ore ininterrotte di attività. "Di ritorno alla tenda, al campo avanzato di Piedra Negra, eravamo stanchi, increduli e felici per la scelta del nostro piano B. Viste le corte e brutte finestre di bel tempo che abbiamo avuto a disposizione, aprire una via nuova è stato un regalo inaspettato. Anche questo è il bello della Patagonia, ti sorprende sempre!"
Fanny Schmutz,
La guida alpina e alpinista francese, innamorata della Patagonia, ha fatto cordata interamente al femminile con Lise Billon e Maud Vanpoulle. Nonostante Fanny non si sentisse bene, nei primi giorni le tre ragazze si sono ingaggiate su "Mate, porro y todo lo demàs", una splendida via di arrampicata sul Pilastro Goretta. A causa delle fessure piene di ghiaccio e della cattiva salute di Fanny, le tre si sono ritirate dopo un bivacco memorabile poco sotto la cima.
Altra settimana, altra "ventana" di bel tempo. Fanny e compagne sono andate a provare "Greenpeace", una via sull'immensa parete ovest del poco frequentato Cerro Piergiorgio. Sono state fermate da una cascata d'acqua che, in piena parete, ha impedito loro la possibilità di proseguire. È dal 1985 che nessuno riesce a salire per di là, ed è bello che queste montagne si concedano così difficilmente e continuino a far sognare generazioni di alpinisti.
"Anche se ci siamo ritirate, è stata un'avventura stupenda. Non sono mai stata così felice di un insuccesso in montagna...forse sto proprio diventando più saggia!" Appena prima di tornare in Francia, Fanny ha avuto occasione di scalare, oltre che con Maud, con il fotografo e alpinista Tad McCrea: insieme hanno ripetuto la Carrington-Rouse alla Aguja Poincenot. Una bella salita, e una grande battaglia per riuscire a scendere in sicurezza sotto una tempesta arrivata qualche ora in anticipo sulle previsioni. "Per la prima volta nella mia vita ho pensato veramente che se qualcosa fosse andato storto saremmo stati in serio pericolo. Ho promesso a me stessa che non farò mai più una via in Patagonia senza un certo margine di tempo sulla finestra di bel tempo che si chiude!"
Marcello Cominetti e Francesco Salvaterra,
hanno lasciato per qualche settimana un inverno povero di neve in Dolomiti, direzione Argentina. Ancora una volta, hanno raggiunto El Chalten assieme, storici compagni di cordata e colleghi. Le due Guide Alpine, assieme a Marquiño, un portatore brasiliano che vive da ormai due decenni a El Chalten e che li ha aiutati con il trasporto del materiale, hanno accompagnato Alberto Bettoli faccia a faccia con il suo sogno-incubo: il Cerro Torre. Sono stati i primi della stagione a provarci, e purtroppo sono stati costretti a tornare indietro a causa delle condizioni molto secche e pericolose. Hanno scalato comunque 12 tiri di corda al cospetto di una delle montagne più belle e difficili del mondo: un'avventura sicuramente più grande, impegnativa e memorabile di molte scalate rinomate delle Alpi, magari salite velocemente quando già tracciate da altri nei giorni precedenti ed in perfette condizioni. "Il ripido pendio che in un paio d’ore di cammino su neve portava all’attacco delle prime difficoltà della via dei Ragni è diventato quest'anno un percorso ad ostacoli lungo e tortuoso. Saliamo 10 tiri lunghi su neve, ghiaccio e misto per arrivare dove di solito si arrivava persino con gli sci ai piedi. Una cascata d’acqua consistente scorre dentro l'unico diedro dall’aria percorribile, praticamente è impossibile salire lungo la via tradizionale. Ci fermiamo per fare il punto: forse forzando un passaggio più sulla sinistra si riuscirebbe ad andare avanti, ma è già mezzogiorno. Abbiamo impiegato più del doppio del tempo previsto e queste condizioni secche e difficili, unitamente alle temperature alte, non ci convincono ad andare avanti. Decidiamo in fretta perché il sole è in arrivo e con lui le possibili scariche di sassi che già punteggiano i pendii che abbiamo appena salito: si scende. L’agonia dei ghiacciai è evidente ma soprattutto ci preme la nostra sicurezza. Non è facile per nessuno di noi rinunciare, ma istinto e ponderatezza ci fanno decidere così."
Infine, non possiamo dimenticare di ricordare e ringraziare Rolando Garibotti: testa e soprattutto anima della comunità di alpinisti che vivono El Chalten come una seconda casa. Ha scritto la guida del massiccio, ha studiato e ricostruito molti pezzi della storia alpinistica, ha raccolto cimeli e trovato o scattato fotografie memorabili. Negli anni ha imparato ad interpretare le complesse condizioni meteo, così cruciali e imprevedibili. Ha compiuto salite di assoluto rilievo ed ha amato queste montagne come pochi altri. Ora il suo cuore pulsa assieme alle nuove generazioni di alpinisti, che ascoltano i suoi consigli come quelli di un oracolo. Un grande alpinista Rolo, ma anche un grande uomo: sempre generoso, capace di gioire delle imprese alpinistiche degli altri come se fossero le sue. Ed effettivamente, un po' sue lo sono: perché il confronto e la fiducia, assieme ai i suoi aggiornamenti meteo in tempo reale via satellite, sono un aiuto davvero prezioso.
Un posto speciale, la Patagonia, dove il brutto tempo è ancora più brutto e tutto è portato all'estremo: la lunghezza degli avvicinamenti come la tecnicità delle salite.
Il Fitz Roy, il Cerro Torre e tutte le altre cime sono là sullo sfondo, come in un dipinto. Imperturbabili, spigolose e austere: si fanno raggiungere solo raramente, quando gli dei del vento lo concedono.
Per noi di Scarpa è un onore e un privilegio essere ai piedi della grande, viva e variopinta famiglia di alpinisti che sogna, ama e corteggia queste mistiche montagne.