Il quarto giorno una cordata di ragazzi baschi che stava salendo, e che gli faceva almeno psicologicamente compagnia, ha deciso di ritirarsi, lasciando Stefano da solo su tutta Eternal Flame. È una via di 650 metri, con difficoltà fino al 7c+, riconosciuta come una delle più famose e belle big walls di tutto il mondo. Stefano ha scalato quasi sempre in libera lungo i tiri di misto e fino al 6c+. I tiri chiave, dal 7b in su li ha saliti prevalentemente in artificiale, mentre sui tiri di 7a ha provato a scalare in libera, ricorrendo però almeno a dei resting dovuti alle condizioni della parete, spesso con fessure bagnate o intasate di ghiaccio, e all'aria rarefatta dei 6000mt.
Sì, perché la Nameless Tower è alta 6251 metri.
Mentre Stefano arrampicava, alla base della parete c'erano Juan e Tommi, i fotografi di Big Rock Media House: i due, oltre a documentare la salita con foto e video, hanno effettuato una spettacolare "consegna" in parete via drone, mandando a Stefano un gri-gri di scorta dopo che il suo assicuratore si era staccato accidentalmente dall'imbrago!
Durante una avventura in montagna così grande e potente può succedere e succede di tutto: corde che si incastrano, materiale perso, le gioie per i piccoli passi avanti e le fragilità che la montagna ti mette a nudo. Una salita potrebbe essere solamente il racconto di come è andata, una somma di avventure e disavventure, forze e debolezze, condite da qualche aneddoto. Ma sono le emozioni vissute, il bagaglio con il quale torniamo a casa e come siamo cambiati, a rendere ogni esperienza in montagna unica e preziosa.
Abbiamo provato ad entrare nella testa di Stefano per capire dalle sue parole se e come Eternal Flame lo abbia cambiato.
Aspettative e realtà: cosa cercavi e cosa ti porti a casa da Eternal Flame?
"L’unica aspettativa che purtroppo non è andata come volevo è stata sicuramente la durata della scalata: sapevo di poterci riuscire in 3-4 giorni, ma purtroppo a causa del meteo ho rallentato drasticamente il ritmo.Ho preferito comunque resistere e “portare a casa” la salita perché sapevo che, se fossi sceso per aspettare un‘altra finestra, magari quest'ultima non sarebbe mai arrivata. E se anche fosse arrivata, forse non avrei avuto la motivazione di rifare tutto quello che avevo fatto fino a lì.
Ancora una volta, dopo una grande avventura mi porto a casa tanta consapevolezza: consapevolezza di come la mia testa possa fare la differenza in situazioni difficili o di stress, ma anche la consapevolezza che questa esperienza sarà un ulteriore tassello importante da aggiungere al mio bagaglio tecnico.
Mi porto a casa però anche tanta stanchezza, fisica e mentale. È sempre difficile ingranare di nuovo dopo una spedizione ma questa volta lo è più del solito: la voglia di ritornare alla forma fisica pre partenza è tanta, ma mi sento ancora mentalmente svuotato."
Rischi e paure: prima di partire e durante la salita avevi dei pensieri ricorrenti o paura che qualcosa potesse andare storto?
"Prima di partire ho pensato tra me e me: le uniche cose che non devono succedere sono rompere il portaledge e perdere l’assicuratore.Ovviamente entrambe le cose sono successe!
In una salita del genere continuare in condizioni precarie, dormendo male ed auto assicurandosi con un metodo improvvisato ha gravato notevolmente sulla mia stanchezza generale.
Durante la salita devo dire che ero molto concentrato e non ho mai avuto paura.
Quando invece sono arrivato in cima, mi sono per un attimo rilassato e riconnesso alla realtà ed ho avuto un po’ di paura per la lunga discesa in corda doppia che mi aspettava. Temevo che mi si incastrassero le corde in qualche maniera strana che non sarei più riuscito a risolvere.
La notte in portaledge pensavo molto a Silvia (Silvia Loreggian, compagna di Stefano, impegnata nello stesso periodo nel tentativo di salita senza ossigeno supplementare del K2 lungo lo Sperone degli Abruzzi). Durante il giorno, nei pochi momenti non perturbati, riuscivo ad intravedere, lontano verso l'orizzonte, il K2: sapevo che anche lei stava facendo i conti con le sue difficoltà, ma speravo mi pensasse come la stavo pensando io e che un po’ di energia positiva riuscisse ad arrivare ad entrambi."
C'è qualche alpinista che ti ha ispirato particolarmente nelle tue solitarie?
"Renato Casarotto è stato sicuramente un grande che mi ha ispirato: quando ho iniziato ad arrampicare le sue solitarie in giro per il mondo mi hanno fatto sognare.David Lama rappresentava e rappresenta ancora oggi la massima espressione di quello che è per me l’alpinismo: portare il gesto tecnico su pareti in quota ed inesplorate, a volte in solitaria. Per me è il massimo.
Colin Haley, un'altra conoscenza del mondo Scarpa, era uno dei pochi al corrente di questo mio progetto. Poco tempo fa stavo segretamente iniziando a sognare una ripetizione in solitaria del Pilastro Goretta al Fitz Roy in Patagonia (aperta proprio da Renato Casarotto in solitaria nel 1979). Colin l’ha recentemente portata a termine (dal 17 al 19 gennaio 2023) e così ho realizzato che se volevo concretizzare quei sogni dovevo darmi una svegliata.
Per realizzare questi progetti dovevo dedicarmici al 100%, e così ho fatto.
Per quanto non abbia mai cercato di scoprire i suoi “trucchi”, o pensato a domande strane da porgli, la possibilità di conoscerlo meglio e di condividere sessioni spensierate di allenamento insieme durante l’ultimo inverno, mi ha fatto capire meglio il suo approccio alla montagna e all’alpinismo. Nonostante questo sia un po’ diverso dalla mia visione, lo considero uno dei massimi esponenti per quanto riguarda le solitarie in terreno alpino e nutro molto rispetto ed ammirazione per la sua capacità di muoversi così veloce in tutti i tipi di terreni ed in solitaria."
Cosa vedi nel tuo futuro? Ci hai preso gusto con le solitarie oppure pensi di "aver dato" e avrai voglia di condividere qualche progetto con compagni di cordata?
"Questo viaggio, anche se già lo sapevo, mi ha fatto capire quanto Silvia sia importante nella mia vita e quanto mi manca quando sono in montagna senza di lei.Ho tanti progetti per la testa, mi piacerebbe provare a spingermi un po’ più in alto nel terreno himalayano, non necessariamente da solo, ma per il momento voglio godermi un po’ di pura e sana arrampicata su roccia con Silvia.
A novembre torneremo di nuovo in Yosemite con qualche progetto di libera, per poi immergerci nuovamente nella stagione invernale di lavoro ed allenamento a Chamonix.
Non ho idea di cosa mi prospetti il futuro, ma sicuramente ho bisogno che passi molto tempo prima di appendermi di nuovo da solo in parete!"