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AURELIEN, LO CHEF MANCATO CHE HA DOMINATO LA TRANSGRANCANARIA

Aurelien, raccontaci come è andata: quello che hai vissuto è stato più un viaggio che non una gara…
“Appena partiti mi sentivo davvero bene. I primi venti chilometri erano semplici saliscendi, non il terreno perfetto per me. Poi è arrivata la notte, e faceva davvero molto freddo anche per via della nebbia e della pioggia. Alcuni ne hanno risentito, io invece adoro quelle condizioni. E non mi sono fermato neanche quando ho rotto un bastoncino al trentacinquesimo chilometro, anzi, tenevo sempre il gruppo di testa”.

La svolta quando è arrivata?
“Verso l’ottantacinquesimo chilometro ho preso il controllo della gara. C’erano delle discese lunghe, sono riuscito a guadagnare qualche minuto. Poi a poco a poco il sole ha cominciato a scaldare, verso la fine della gara era davvero molto caldo. Quando mancavano 15 chilometri al traguardo mi sono accorto che potevo farcela sul serio, avevo un quarto d’ora di vantaggio sul secondo”.



E il resto è stato solo gloria, vero?
“È stata una gara stupenda, ho adorato ogni suo chilometro: le strade, le piste forestali, i percorsi tecnici. Ecco, forse il gran caldo sul finale, complice la fatica, mi ha un po’ infastidito. Ma è stata la mia prima grande vittoria in una gara internazionale, c’erano atleti fortissimi. Sono felicissimo”.

Il classico lieto fine dopo anni e anni di allenamento. Quando hai iniziato con lo sport?
“Dai quattro ai sedici anni ho sempre giocato a calcio, dai dieci ai diciotto mi appassionava anche lo scialpinismo. Fino al 2012, quando ho cominciato con i trail. Era stata una sorta di scommessa, ho iniziato quando sono stato ammesso alla scuola di fisioterapia. Mi pareva l’ideale: lo sport immerso nella natura che amo di più, quella montana”.

La tua famiglia ti supporta?
“Sono tutti grandi appassionati dei monti, amano far camminate o giri in bicicletta, ma anche scialpinismo. Nessuno è atleta professionista. Ma viviamo in luoghi stupendi, io da alcuni mesi mi sono trasferito in Alta Savoia, proprio accanto al lago di Annecy”.


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Della Transgrancanaria ci hai raccontato. Ci sono state altre sfide indimenticabili nella tua carriera?
“Sicuramente il campionato francese di trail del 2018, divenni campione nazionale. Era il terreno perfetto per me: dislivello e discese tecniche, adoro quelle gare. Avevo tutta la mia famiglia lì, l’arrivo è stato davvero entusiasmante”.

Peraltro, questa stagione è solo agli inizi. Ti sei dato qualche nuovo obiettivo?
“Vorrei correre i 90 chilometri del Monte Bianco, dove ambisco al podio. Ma poi c’è l’Utmb, che è una sorta di sogno da bambino per me. Si corre vicino a casa, è una gara leggendaria. Mi piacerebbe arrivare nei primi dieci. E per il finale di stagione ho puntato i mondiali di trail lungo, a novembre in Thailandia”.

Ogni tanto ti rilasserai, però. O sei sempre impegnato ad allenarti?
(ride, ndr) “Mi piacerebbe star sempre in montagna, ma ogni tanto deve anche scendere a lavorare. Sono infatti fisioterapista, ma quando posso mi ricavo anche qualche ora da istruttore di trail running e scialpinismo. Amo mangiare bene e la cucina, adoro passare del tempo tra i fornelli a preparare le mie ricette preferite. Adesso, poi, vorrei anche metter su famiglia. Di certo, però, non lascerò mai le montagne che amo. Qui mi sento libero. So che posso andare dove voglio. Dimentico tutti i problemi della vita quotidiana e mi schiarisco le idee. Posso godermi gli odori delle diverse stagioni, ammirare la flora e la fauna del momento. I monti, è questo l'ambiente in cui mi sento meglio”.


Photo Credits: Jose Miguel Munoz
 
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