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DAI GRATTACIELI ALLE VETTE, LA STORIA DI EMANUELE

Emanuele, partiamo dall’inizio della tua carriera. Come ti sei avvicinato al mondo dello skyrunning?
“Sono passati molti anni, ho esordito col gruppo sportivo Santi Nuova Olonio, correvo le prime gare giovanili a 13 anni. Fin dall’inizio è stato un gioco, devo molto al mio allenatore Adriano Santi per non avermi stressato troppo con la competitività. Ho corso molto tra pista, cross, strada e campestre; nel 1992 ero campione italiano di corsa in montagna ma facevo bei tempi anche sui tremila siepi. Solo nel 2000, quando sono entrato nel gruppo sportivo Forestale, ho iniziato specializzarmi nella corsa sui sentieri. L’anno dopo arrivai secondo ai mondiali di Arta Terme”.

Vent’anni dopo, eccoti in SCARPA. E in mezzo sei diventato una celebrità anche nel “tower running”. Cosa ti piace di queste gare nelle quali si parte dal marciapiede e si arriva in cima al palazzo correndo a perdifiato sulle scale?
“Onestamente, mi aiuta ad unire l’utile, ossia gareggiare e tenermi allenato, al dilettevole, cioè il viaggiare. In trent’anni ho girato mezzo mondo. Da New York ad Osaka, passando per Dubai, Hong Kong, Shanghai e Londra. Gli edifici più alti al mondo, icone delle città delle più grandi metropoli sono la mia meta. Arrivare in cima e godersi il panorama è incredibile. Quella volta sull’Empire State Building fu pazzesco”.



Ma dovendo scegliere, qual è il terreno dove ti trovi meglio?
“Se ho un leitmotiv nella mia vita è l’amore per la natura e per la montagna. Sulle campestri si corre su un circuito, non ci si immerge nei paesaggi come nelle sky o nei trail. Raggiungere la vetta di un monte regala emozioni senza pari. Sono originario di Cremia, paesino sulle rive del Lago di Como ma non a caso ho deciso di vivere in Val Camonica. Quindi: amo correre in montagna”.

Focalizzandoci invece sulle imprese sportive che non dimentichi, quale è stata la gara più bella?
“Difficile dirlo. Forse quella del 2015, sul monte Snowdon in Galles. Avevo già provato quella gara nel 2001, si tratta di otto chilometri di ascesa verso il monte e poi giù, a rotta di collo, verso il paese per altri otto. Nel 2001 ero arrivato secondo, 14 anni dopo ho vinto. Mia figlia Adele era nata da due settimane, è stata un’emozione unica”.

A proposito, la vostra è una famiglia di super atleti. Tua moglie è Valentina Belotti, capitana azzurra di corsa in montagna. Tua figlia vi seguirà?
“Di sicuro le piace la vita attiva. Nuota, danza, fa sci di fondo e discesa. Credo abbia preso da noi quell’energia, a forza di vedere mamma e papà correre le sarà venuta voglia di sport. Non so se ci seguirà, ma vorrei comunque che amasse l’attività fisica. Di certo, mi aiuta avere un’atleta come compagna: fare 50 gare all’anno di domenica, se non si vive in una famiglia di sportivi, non è facile da gestire”.



Anche perché dedichi molto tempo anche alle tue passioni, sempre connesse allo sport.
“Sì, la corsa è tutto per me. Sono stato tra i fondatori di corsainmontagna.it e ancora oggi continuo a collaborare e a tenere aggiornato il sito internet. Ma sono impegnato anche come organizzatore del Valtellina Wine Trail, un appuntamento che quest’anno si corre il 20 novembre e che porta migliaia di persone sulle vallate sublimi del Nebbiolo. Ovviamente sono passatempi, oggi il mio lavoro è quello di vigilare come Carabiniere Forestale nel Parco Nazionale dello Stelvio. Ed è quello che ho sempre voluto fare: prendermi cura della natura”.

Infine, l’ultima domanda, quella a cui può rispondere solo un atleta maturo. Meglio l’esuberanza del giovane o l’esperienza di chi ha molti, moltissimi chilometri sulle gambe?
“Difficile rispondere. Prima rendevo meglio sulle distanze brevi, ora la componente mentale mi aiuta su quelle lunghe. So gestire meglio gli allenamenti, senza voler strafare e così rovinarmi la preparazione per la gara. E ho imparato ad alternare lo sforzo: ora uso spesso anche la bici, faccio lunghe camminate e scialpinismo per tenermi in forma. Anche se poi l’unica cosa vera che ho imparato in tutti questi anni è solo una. Vivo (e corro) meglio se sono immerso nella natura”.

Credits: Mauro Pigozzo
​​​​​​​Photo Credits: Fletta Trail, Giacomo Meneghello
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