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FABIO, LO SCALATORE DI GRATTACIELI

È una disciplina molto nuova, quella del “tower running”. E tu sei già tra i leader mondiali.
“Diciamo che mi piace gareggiare in queste ascese. In Italia sono ancora semi-sconosciute, ci sono gare solo a Milano e Latina. Ma è nelle metropoli dove spopolano: ci sono i grattacieli più alti, migliaia di partecipanti e il pubblico che fa il tifo in strada, guardando i maxischermi. La mia prima gara è stata al Pirellone di Milano, a una tappa del Vertical World Circuit. Sono arrivato secondo e da allora non ho più smesso”.



Altre gare da ricordare?
“Mi piacciono tutte, mi sento a mio agio in uno sforzo breve, di pochi minuti, che mi porti a correre quasi in verticale. Ho vinto in Germania la Thyssenkrupp Towerrun, 1.390 scalini della torre di collaudo per ascensori più alta del mondo: ci ho messo poco meno di sette minuti per scalare i 232 metri di altezza, c’erano mille atleti da 18 nazioni diverse che gareggiavano. Mi chiedono se ho segreti, io cerco solo di mantenere un ritmo stabile dall’inizio alla fine, il massimo che posso sostenere senza andare in crisi”.

Il tuo percorso verso il cielo delle capitali mondiali però è iniziato su sentieri di montagna. Preferisci la corsa in natura o sui gradini?
“La libertà e la gioia che mi dona correre tra i monti è impossibile da paragonare col tower running, sono due discipline completamente diverse. Io vivo meglio all’aria aperta, nella natura. È lei la mia routine, sono i trail che mi hanno fatto innamorare di questo sport. I grattacieli sono più un diversivo, anche perché con la scusa delle gare posso visitare città stupende, sono stato a correre dentro l’Empire State Building e mi piacerebbe presto andare a Kuala Lumpur”.


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In mancanza di gare, quest’estate potrai concentrarti sull’altra tua passione, le api. Magari per allenarti scappa da loro perché non ti pungano…
(Ride, ndr). “Quella dell’apicoltura è una tradizione famigliare, che eredito da mio padre. Abbiamo circa cento alveari, è normale ogni tanto venir punto da un’ape. Spesso racconto di quando, qualche anno fa, stavo spostando uno sciame. Era la mia seconda esperienza, ricordo ancora che le punture alla caviglia mi impedirono di gareggiare la domenica. Ma per il resto adoro il miele, in particolare quello di Tiglio, e badare alle api mi dà serenità. È un lavoro all’aria aperta, sempre immerso nella natura”.

Per quanto riguarda l’altra tua occupazione, come è andata in periodo di lockdown?
“Lavoro nel pomeriggio da impiegato in un magazzino edile dell’azienda Valdè di Lenno Tremezzina, in provincia di Como, e quindi tutto si era fermato durante l’emergenza. Abbiamo anche avuto un lutto, il fondatore dell’azienda, Pietro, è morto a 69 anni di Covid, lasciando moglie e tre figli. C’era chi si lamentava perché non poteva uscire di casa, noi abbiamo vissuto in prima persona quel dolore. E anche per questo non vedo l’ora di poter tornare a correre, per vincere una gara e dedicargliela”.
 
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