L’idea giunse agli alpinisti del Cai di Milano. Era il 1928 e si volle creare un itinerario che permettesse ai frequentatori di Val Masino di potersi spostare da un passo all’altro senza dover scendere a valle. Da allora è possibile viaggiare a fil di cielo tra il rifugio Gianetti, l’Allievi (oggi Bonacossa), il Ponti e l’Omio,
un percorso leggendario tra le alte vie delle Alpi dove alcuni dicono di aver incontrato il Gigiat, leggendario caprone protagonista di fiabe e incubi. È un trail impervio, sempre in quota tra i 2.500 e i 3.000 metri, al cospetto di picchi verticali slanciati verso il blu del cielo. Scenario maestoso, noto all’elite mondiale della corsa in montagna perché si snoda sul tracciato del Trofeo Kima.
Per chi abita queste valli, quel filo sulle rocce è un destino, un desiderio, un sogno. E fin da piccolo Valentino Speziali, oggi 27enne in forze al Team Valtellina, ha solcato quel percorso per allenarsi e per vivere la perfetta solitudine che l’ultrarunner cerca tra le vette. Questo era l’anno del Covid, quello delle gare abortite. E lui ha deciso di provarci. Per mesi si è allenato duramente. Di giorno il lavoro da muratore, di sera la corsa. Col freddo, con le giornate corte, scendeva verso valle, per evitare la neve, una pila in testa a illuminare la strada. Col caldo, col sole che tramonta, saliva verso le cime, a danzare tra speroni di roccia e funi di acciaio, i muscoli tesi a cercare l’appoggio giusto e la mente lucida, concentrata sull’obiettivo.
Fino allo scorso 8 agosto, quando ha messo la sveglia prima dell’alba. Alle cinque di mattina era pronto, a Novate Mezzola, dove lo attendevano, tra gli altri, il padre, il cognato e la fidanzata. C’era anche l’amico “terapista-osteopata-fisioterapista” Luca De Lorenzi per l’ultimo massaggio prima dell’impresa. Neppure il tempo di emozionarsi e ha iniziato a correre, a perdifiato, portandosi al limite delle proprie capacità. Nel cervello gli pulsava il desiderio di distruggere il primato di Fabio Contessa, 9 ore 4 minuti e 27 secondi: un record che sopravviveva da 19 anni e che a San Martino, suo paese d’origine, era invidiato. “Uno di Mello che corre più veloce di noi, non è possibile”, ripetevano da anni gli anziani sperando che prima o poi qualcuno rompesse quel muro eretto sull’antica via di comunicazione che collega la Val Chiavenna alla Valmalenco.
Sette valichi alpini disegnati dalle rocce e dal tempo, è il regno del granito:
54 tecnicissimi chilometri con
4.500 metri di dislivello positivo che mozzano il fiato, e non solo per la bellezza incontaminata dei paesaggi.
“Già durante la prima ora di corsa avevo capito che stavo bene, non sentivo la fatica”, racconta Speziali dopo una settimana al mare, giusto riposo dopo l’impresa epica. Nel primo tratto c’erano Alessandro Bonesi e Mirko Bertolini, due amici coi quali condivide allenamenti e gioie. Poi il secondo segmento, in quota, dal Gianetti (qui lo attendevano le sorelle Anna e Simona per un veloce ristoro) all’Allievi con Mattia, fratello di Alessandro. “A quel punto ho capito che il record era fattibile, eravamo venti minuti in vantaggio sui tempi previsti: sul tecnico vado benissimo. Ho iniziato a dare tutto”. Ad aiutarlo anche un elicottero in cima alla bocchetta Roma, a 2.800 metri. Lui risaliva il nevaio, prima delle catene. Mamma, papà, cognato e il “suocero” lo hanno salutato dall’elicottero, dal cielo. “Mia mamma era preoccupata”, racconta. “Da quando mio cugino Pietro Biasini è morto in Norvegia nel 2015 mentre scalava una cascata di ghiaccio non si dà pace quando esco da solo tra i monti. Mi aveva detto che l’avrei vista al traguardo, ma non ce l’ha fatta ad aspettare”.
Metà del percorso era ormai stata ingoiata, ad attenderlo adesso la leggenda dello skyrunner mondiale, Marco De Gasperi.
“È stato per me un’emozione e un onore correre con lui, mi incitava e mi aiutava nei momenti di crisi”. Che non sono mancati: verso mezzogiorno c’era un muro di mezzo chilometro da scalare per raggiungere il Desio. “Avevo mangiato solo un pezzo di torta, l’adrenalina della corsa mi aveva impedito di nutrirmi adeguatamente”, scuote la testa ora Valentino. “Ma in casi come questi si stringe i denti e si aspetta che la crisi passi”.
Il resto è il racconto della cavalcata in discesa, i piedi che quasi non toccano terra. Speziali indossava le Spin Ultra. “A me piace cercare il sasso quando scendo – spiega - e devo dire che il grip sulle rocce, anche se bagnate, è stato perfetto nella fase iniziale, quella più tecnica, nella quale si salta di roccia in roccia rischiando sempre di cadere”. Ancora qualche falcata e lì in fondo c’era il paesello e un cronometro che con enormi luci rosse sancisce il suo primato:
8 ore 42 minuti e 32 secondi. Lui piange, stroncato dalla fatica e dall’emozione. Piange, il cuore non gli regge più. Piange, e tutti lo abbracciano.
“Dedico questo risultato ai miei amici, alla mia famiglia e alla mia fidanzata, che sono stato costretto a trascurare in queste settimane per allenarmi”, è felice adesso Valentino. “Ma un pensiero va anche a mio cugino, che era guida alpina e che è stato inghiottito dalla sua passione. Per quanto riguarda me,
sono felice di aver realizzato questo primato sui sentieri della mia vita. Sicuramente qualcuno prima o poi lo batterà. E siccome questo tracciato merita una grande firma, sarei orgoglioso se fosse proprio il Dega a incidere il suo nome sul Roma dopo di me”.
Credits: Giacomo Meneghello