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Tre Cime Experience, ecco i suggerimenti di chi l’ha corsa

Vette durissime e panorami stupendi, questo è il paradiso dell’alpine running. Il racconto di Massimo Pellizzer, che l’ha già corsa tre volte

Sulle cime più alte ci si rende conto che la neve, il cielo e l’oro hanno lo stesso valore. La frase di Boris Vian è perfetta per rappresentare le tre dita di roccia che, incerte ma durissime, si scagliano verso le nuvole di Misurina.

Saranno le Tre Cime di Lavaredo lo scenario nel quale si correrà il prossimo 9 settembre la gara più attesa dell’alpine running sulle Dolomiti, la Misurina Sky Marathon. Coi suoi leggendari 42 chilometri e i tremila metri di dislivello, è gara indimenticabile. Il percorso è stupendo. Qualche esempio? Superato il Col De Varda si raggiunge un rudere di guerra da cui si gode di un panorama stupendo sulle Marmarole e sul Cristallo, fino al Picco di Vallandro ed alle Tre Cime. Una volta raggiunto il Rifugio Città di Carpi ed attraversati i Cadini con le sue numerose forcelle giù in picchiata prima di risalire al rifugio Auronzo, dal quale poi correre a perdifiato verso il Pian di Cengia, il Locatelli e la malga Grava Longa. È lunga la metà, ma conserva intatta la bellezza dei luoghi la Cadini Sky Race. Sono venti chilometri con 1.600 metri di dislivello positivo, che dopo la forcella Sabbiosa prendono la direzione del rifugio Fonda Savio prima di precipitare giù, ancora una volta verso Misurina.

Massimo Pellizzer, un quarantatreenne che nella vita è product manager per SCARPA®, ha già corso le prime due edizione della “lunga”, e l’anno successivo ha scelto gara breve. A lui abbiamo chiesto cosa capitano dentro quelle sei, sette o persino dieci ore di tempo nelle quali ci si perde nel paradiso crudele delle Dolomiti.

Il primo pensiero è alla tua ultima partecipazione, c’era un diluvio pazzesco. Le nuvole coprivano persino le vette. Come è stata la tua gara?

“Quando piove in montagna non è mai facile. La Misurina Tre Cime Experience capita in un periodo dell’anno nel quale il rischio che le temperature precipitino è alto. E’ stata un’avventura. E la soddisfazione di portare a termine un trail nonostante la pioggia non ha pari”.

Un suggerimento per i runner che dovessero trovare le stesse condizioni?

“Meglio una giacca a vento più pesante, nel dubbio. Io correrò la maratona, non ho ambizioni di classifica e credo starò attorno alle otto ore. Quando si va su e c’è il gelo ad attenderti avere attrezzature adeguate è sempre decisivo”.

Chiusa la parentesi maltempo, cosa rimane nel cuore dopo la Tre Cime Experience?

“Il crocevia è arrivare al rifugio Auronzo. Lì sei a metà gara, si giunge dopo una durissima salita. È un momento bello ma a tratti sconfortante. Lo vedi lì in cima, piccolino. E hai la sensazione di dover camminare per troppo tempo. Poi il sentiero devia e ti sembra di allontanarti. Ma alla fine arrivi, ed è stupendo”.

Subito dopo c’è la risalita ardita verso il Pian di Cengia, cosa accade in quei luoghi?

“Sembra di essere fuori dal mondo. Si vede il lago, in lontananza, e tutt’attorno sono solo sentieri e pareti rocciose. È il punto più alto della gara, siamo praticamente in cielo. Solo questo vale lo sforzo di una giornata”.

E poi a perdifiato si corre verso il Locatelli, verso le Tre Cime. Ormai è fatta?

“In effetti la sensazione di liberazione c’è. Io mi ricordo che mi sentivo più rilassato, c’era la discesa e a livello mentale mi sentivo meglio, già immaginavo il traguardo. Ecco, qui è meglio che non piova: se c’è il sole i paesaggi sono incredibili”.

Tu hai corso anche le ultime due Lut, sei un vero amante delle sfide in montagna. Come giudichi una gara di questo tipo?

“Sicuramente serve arrivare allenati, fare il percorso prima potrebbe essere utile per capire che tipo di muri si devono affrontare. I tremila metri di dislivello in ambiente dolomitico non sono facili, ci sono sentieri tecnici e passaggi duri. Ma vivere una giornata intera tra quei paesaggi vale ogni sforzo. Ci vediamo a Misurina, io la corro ogni anno. E credo che adesso abbiate capito il perché”.

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