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Questa volta mi riesce difficile sedermi davanti al PC per scrivere e raccontare dell’esperienza appena trascorsa in montagna. È stata un’esperienza speciale, che ha toccato molti momenti della mia vita e della mia carriera alpinistica. Ma partiamo dall’inizio.
Caratterialmente son sempre stato un leader, uno che prende l’iniziativa, un entusiasta, uno che si butta a capofitto nei sogni e negli obbiettivi e che, a testa bassa, testardo li raggiunge. Forse è per questo che nel tempo ho scelto il cammino della Guida Alpina come professione. Ed è forse anche per questo che negli anni son stati davvero pochi gli alpinisti pari livello con i quali mi sono trovato bene sia umanamente che tecnicamente, persone con le quali condividere passione ed obbiettivi sempre più alti. Lo dimostra il fatto che l’80% delle vie più belle e più difficili che ho portato a termine in 22 anni di alpinismo io le abbia percorse con i clienti che accompagno: spedizioni, grandi pareti, piccoli e grandi sogni che lentamente abbiamo preparato e raggiunto insieme. Ma nonostante il calibro tecnico delle persone che accompagno e che formo, ad un certo punto, se si vuole alzare l’asticella bisogna trovare qualcuno che la voglia alzare quanto te; sulle stesse vie che interessano a te; con la stessa passione che spinge te; e tropo spesso questo mi è venuto a mancare.
L’ironia della sorte ha proprio voluto che portassi a termine questa via sulle Jorasses, tentata in passato con un cliente, assieme ad un certo Jon Bracey, che in campo alpinistico non ha certo bisogno di presentazioni. Con Jon ci siamo spesso incontrati in montagna per il nostro lavoro, abbiamo scambiato battute, opinioni, è capitato di ritrovarci per una birra al bar a fine giornata, ma non avevamo mai scalato assieme prima d’ora. Oltre ad essere una persona alla quale ho sempre guardato con stima per la sua attività ed il suo talento, mi ha sempre colpito umanamente per la sua umiltà e il suo buon umore contagioso.
Dopo una settimana di pacchi clamorosi da parte dei clienti, Ilaria mi fa notare che forse è un segno del destino, che forse è giunto il momento di prendermi due giorni per me e che magari avrei potuto sentire Jon per combinare qualcosa di bello assieme. Lui subito mi dice che è occupato, poi, dopo alcune ore, inaspettatamente mi ricontatta rivelandosi libero. E fu così che in un paio di “what’s up” programmammo una via nuova alle Grandes Jorasses.
Con due giga zaini ci incamminiamo in direzione del rifugio Boccalatte, sito lungo la via normale alle Jorasses ma un poco defilato rispetto al nostro obbiettivo. Sceglieremo infatti di stabilire il campo base a circa 2700m di quota sul ramo destro del ghiacciaio delle Grandes Jorasses. Di neve ce n’è ancora molta, la risalita dal fondo valle è lunga e faticosa. Molliamo gli zaini al punto prestabilito al riparo dai pericoli oggettivi, e proseguiamo con l’intento di batter traccia per il giorno seguente fino a che il pendio non s’impenna. Fiduciosi nel rigelo notturno ci rilassiamo al Sole riparati dalla nostra minuscola tenda. Fissiamo l’ora “x” del risveglio all’1:00 con l’obbiettivo di cominciare a scalare i primi tiri della goulotte ancora di notte. La risalita del ghiacciaio si rivela invece un calvario mai visto: rigelare ha rigelato e fa molto freddo, ma la neve non ha ancora trasformato e ad ogni passo si sfonda fino alle anche (…e non è un eufemismo!). Ci ritroviamo a camminare a carponi per centinaia di metri per cercare di rimanere a galla. Mi son chiesto più volte che cosa avrebbe pensato un eventuale spettatore e, se avesse senso continuare la risalita in quelle condizioni disumane. Devo essere sincero: se non ci fosse stata la motivazione di Jon io sarei tornato indietro.
Passo dopo passo (…e pure qualche brutta parola…) arriviamo alla terminale con la speranza che, con l’incrementare della pendenza e con le slavine dei giorni precedenti, il manto nevoso sia più compatto. Si comincia a ragionare, anche se ormai sono sudato come un suino fino alle mutande e l’idea di passare le successive 4 ore a -15, e magari fermo in sosta ad aspettare, mi destava qualche preoccupazione. Ma siamo a Sud giusto? Ad una certa ora saremo ben baciati dal Sole?! Terminata l’opera di autoconvincimento non si scherza più: passata la terminale siamo in ballo e dobbiamo ballare. Rimaniamo ben contro le rocce a costo di seguire una linea illogica pur di ripararci dall’eventuale caduta di ghiaccio dal seracco sopra di noi. Ci muoviamo rapidi e decisi, dopo circa 200m il pendio prende le distanze dal canale principale e tiriamo il fiato. “Slowly but surely” come dicono gli inglesi guadagniamo terreno verso la ripida parete che scende dal contrafforte 3800m delle Jorasses, ovvero il nostro obbiettivo. Abbiamo deciso di scalare a blocchi di 3-4 tiri ciascuno per rimanere fermi in sosta il minor tempo possibile. Avendo già percorso in passato la prima parte lascio cominciare Jon, che si mostra subito all’altezza della sua fama. La prima parte della via è caratterizzata da una successione di cascate di ghiaccio incassate in stretti camini, fino ad arrivare contro un muro compatto. Da questo punto nel 2014 avevo proseguito per la rampa di destra, ormai conscio del tardo orario e del Sole cocente, dopodiché ci calammo. Questa volta siamo nelle tempistiche previste e determinati ad arrivare in cima. Dalle foto scattate dal fondo valle avevo intuito un passaggio a sinistra per aggirare il bastione. Prendo quindi il comando della cordata e mi accingo a salire su terreno sconosciuto. La parete si fa più ripida, con 3 tiri risalgo un susseguirsi di diedri rocciosi e placche impiastrati di ghiaccio, per riportarmi a monte del bastione compatto, dove ci attende la lunga ed evidente goulotte soprastante. Proseguo per la profonda gola ghiacciata ancora un paio di tiri prima di cedere nuovamente il testimone a Jon. L’arrampicata è entusiasmante e sostenuta, e per quanto sembrasse secca dal basso vi è ghiaccio in tutti i tiri. Solo l’ultimo tiro decidiamo di passare a destra su roccia per evitare un camino intasato di neve inconsistente e roccia poco solida. Jon si destreggia egregiamente, ormai è fuori dalla mia vista. Sento che prosegue velocemente, questo mi dice che è su terreno nevoso; poi ad un certo punto lo sento indietreggiare: è il segno che è arrivato alla brèche al termine della via e indietreggia qualche metro per far sosta! Ce l’abbiamo fatta!!! Un sogno che diventa realtà: aprire un nuovo itinerario sulla mia montagna preferita, con uno dei miei idoli, scalando alla pari, su ghiaccio e misto, in pieno Sole. Certamente una delle più belle giornate in montagna della mia vita. Thanks Jon for this amazing adventure together!
Ringrazio SCARPA® per il continuo supporto tecnico con prodotti di alta qualità.
Grandes Jorasses versante S - avancorpo 3800m
Enrico Bonino e Jon Bracey 14-15/5/2019
700m V WI5+ M6+ 5
Enrico Bonino
CREDITS: Archivio Bonino Bracey